Ferrari

(Ferrari)

Regia di Michael Mann

con Adam Driver (Enzo Ferrari), Penélope Cruz (Laura Ferrari), Shailene Woodley (Lina Lardi), Patrick Dempsey (Piero Taruffi), Gabriel Leone (Alfonso de Portago), Sarah Gadon (Linda Christian), Jack O’Connell (Peter Collins), Michele Savoia (Carlo Chiti), Valentina Bellé (Cecilia Manzini), Daniela Piperno (Adalgisa Ferrari), Lino Musella (Sergio Scagietti), Domenico Fortunato (Adolfo Orsi), Jacopo Bruno (Omer Orsi), Tommaso Basili (Gianni Agnelli), Luciano Miele (Peppino).

PAESE: USA 2023
GENERE: Biografico
DURATA: 130′

1957. Dieci anni dopo aver creato la scuderia che porta il loro nome, Enzo e Laura Ferrari attraversano un periodo di profonda crisi, personale e professionale: il figlio Dino è morto a 24 anni appena l’anno prima, Laura scopre l’esistenza di un altro figlio del marito, Piero, frutto di una relazione extra-coniugale iniziata durante la guerra e mai finita, e come se non bastasse l’azienda non vende abbastanza auto di serie per poter investire sulle corse. Secondo i consiglieri del drake, l’unico modo per non fallire e ritrovare prestigio (e clienti) è vincere la celebre Mille Miglia…

Scritto da Troy Kennedy-Martin (1932-2009) basandosi sulla biografia Enzo Ferrari: The Man and the Machine di Brock Yates (1933-2016), è il film che Mann (classe 1943) ha inseguito per circa vent’anni, lungo i quali ha fatto fatica a trovare finanziatori. Non che nel frattempo sia cambiato qualcosa: Ferrari è prodotto da una serie di piccole case semi sconosciute e dunque, nonostante il budget tutt’altro che risicato (circa 90 milioni di dollari), rimane di fatto un film indipendente, interamente girato in Italia (con molte maestranze italiane). Facile capire perchè Mann fosse così tanto interessato alla figura di Ferrari: l’elemento cardine del personaggio è un’ossessione (quella per la vittoria) che lo porta a sacrificare tutto e tutti (persino se stesso), e già soltanto per questo lo si può considerare un personaggio perfettamente nelle corde del regista. Fin qui tutto bene, il tema è condivisibile. A lasciare perplessi è lo svolgimento: il film, infatti, è tutto costruito sul rapporto tra Ferrari e le due donne che gli hanno dato figli, Laura e Lina, dunque fortemente sbilanciato verso il melodramma. Non che il melodramma sia avulso al cinema di Mann, anzi, ma qui del suo cinema precedente, tolto il personaggio di Ferrari, c’è davvero poco, tanto in termini tematici quanto stilistici. Non a caso il film decolla nelle sequenze più prettamente d’azione, ovvero quelle delle corse: quelle in cui il regista statunitense dà mostra del suo rigore formale, della maniacale cura dei particolari, dell’attitudine a raccontare l’uomo dinnanzi a sfide molto più grandi di lui. Insomma non un brutto film, ma un film che troppo spesso non sembra girato nemmeno da Mann, bensì da un mestierante (abile, per carità) che però non trova il coraggio di osare o percorrere strade (soprattutto a livello stilistico) meno convenzionali.

Qualche volta prova a volare alto come un tempo (memorabile il montaggio alternato chiesa/pista), e si potrebbe anche sorvolare sull’effetto straniante causato da attori stranieri che interpretano personaggi italiani recitando in inglese, ma anche sospendendo l’incredulità il risultato non cambia. Ottime comunque le prove di Dempsey, Cruz e soprattutto di Driver, che per 3/4 di film interpreta un personaggio con vent’anni più di lui riuscendo a rimanere credibile e soprattutto molto simile, anche nella camminata e nei gesti, al vero Ferrari. Tra i comprimari molti attori italiani, tra i quali spicca Piperno nei panni di Adalgisa Ferrari. Il personaggio di Bellé è ispirato per metà a Fiamma Breschi, amante platonica del drake, e per metà a Delia Scala, fidanzata del pilota Castellotti quando questi morì. Agghiaccianti le sequenze della morte di quest’ultimo e quella della tragedia di Guidizzolo, anche se si vede che si è dovuto ricorrere molto al digitale (forse perché il budget, pur notevole, era comunque inferiore  a quello utile per girare scene di questo tipo). Ottima comunque la fotografia di Erik Messerschmidt e il montaggio dell’esperto Pietro Scalia. Così così le musiche di Daniel Pemberton, soprattutto se paragonate alle passate colonne sonore dei film di Mann. Almeno un’inesattezza storica: la Ferrari aveva già vinto la Mille Miglia nel 1956, ovvero l’anno prima degli eventi narrati. Presentato in concorso al festival di Cannes.

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