Indiana Jones e il quadrante del destino

(Indiana Jones and the Dial of Destiny)

Regia di James Mangold

con Harrison Ford (Henry “Indiana” Jones), Phoebe Waller-Bridge (Helena Shaw), Mads Mikkelsen (Jürgen Voller), Ethann Isidore (Teddy), Antonio Banderas (Renaldo), John Rhys-Davies (Sallah), Boyd Holbrook (Klaber), Toby Jones (Basil Shaw), Shaunette Renée Wilson (Mason), Thomas Kretschmann (colonnello Weber), Adolfo Margiotta (Hector), Karen Allen (Marion Ravenwood), Olivier Richters (Hauke).

PAESE: USA 2023
GENERE: Avventura
DURATA: 158’

Germania, 1944. Aiutato dall’amico Basil Shaw, Indiana Jones riesce a sfuggire ancora una volta ai nazisti e a mettere le mani sul prezioso meccanismo di Anticitera di Archimede. Stati Uniti, 1969. Fresco pensionato, il professor Jones è contattato da Helena Shaw, figlia di Basil e sua figlioccia, che vorrebbe sapere dov’è finito il famoso artefatto per poterlo studiare. È solo l’inizio di una nuova, incredibile avventura…

Quinto capitolo della saga sul più celebre archeologo cinematografico di tutti i tempi, il primo dopo l’acquisizione della Lucasfilm da parte di Disney e il primo non diretto da Steven Spielberg (che preferì dedicarsi ad altri progetti) e non basato su una storia di George Lucas, entrambi “solo” produttori esecutivi. La sceneggiatura, attribuita dopo moltissime revisioni al regista con Jez e John-Henry Butterworth e David Koepp, va sul sicuro scegliendo ancora una volta i nazisti come antagonisti (stavolta “amici” della CIA), ma sarebbe ingeneroso non apprezzarne le molte trovate. Man mano che la storia avanza il film acquista spessore, e il personaggio con esso (si pensi alla questione del figlio), riuscendo a delinearsi come un quinto (ed ultimo) capitolo degno dei precedenti, giusta tappa conclusiva di un percorso durato più di quarant’anni e amatissimo dal pubblico. Bei dialoghi (c’è una memorabile battuta sui nazisti e la Polonia), un villain affascinante con un piano affascinante e un racconto che va via in maniera piuttosto fluida, così fluida da spingere a sorvolare su qualche passo un pò’ meccanico (che del resto avevano anche i quattro film precedenti).  E se alcuni nuovi personaggi sono nuovi per modo di dire (il giovane Teddy ricorda da vicino Shorty Round de Il tempio maledetto, anche per quanto riguarda le doti “da pilota”), è azzeccata l’idea di affiancare a Indy una figlioccia furbastra e a tratti più avventurosa di lui, interpretata dall’ottima Waller-Bridge, già apprezzata autrice della serie Fleabag e di script importanti (come quello dell’ultimo Bond con Craig, No time to die).

E i grandi ritorni – il Sallah di Rhys-Davies e la Marion dell’intramontabile Allen – faranno scendere qualche lacrima ai fan della prim(issim)a ora. Francamente inutile, invece, il coinvolgimento di Banderas per una particina abbastanza insignificante, e fastidiosa la computer grafica imperante in alcune sequenze: al di là del ringiovanimento di Ford per le scene ambientate nel 1994, non sono un granché gli effetti che lo “mettono” su un cavallo imbizzarrito e governano le scene di inseguimento per Tangeri. A testimonianza che non c’è tuttora nulla che possa sostituire stunt e scene d’azione girate dal vero. Girato in Gran Bretagna (in diverse scene “truccata” da Stati Uniti), Marocco e Italia. Colonna sonora ancora una volta del grande John Williams. Forse anche a causa delle molte (eccessive) critiche negative il film è stato un flop al botteghino: costato 295 milioni di dollari più 100 per la promozione, ne ha incassati “appena” 385 in giro per il mondo. Anche le critiche per le castronerie scientifiche in merito ai poteri del meccanismo di Archimede lasciano il tempo che trovano: è Indiana Jones, mica Superquark!

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