Gli occhi della notte

(Wait Until Dark)

Regia di Terence Young

con Audrey Hepburn (Susy Hendrix), Alan Arkin (Roat), Richard Crenna (Mike Talman), Efrem Zimbalist Jr. (Sam Hendrix), Jack Weston (Carlino), Julie Herrod (Gloria), Samantha Jones (Lisa), Jean Del Val (Louis, non presente nei titoli).

PAESE: USA 1967
GENERE: Thriller
DURATA: 107′

All’aeroporto, una bambola imbottita di cocaina finisce nella mani di un ignaro fotografo che se la porta a casa. Per recuperarla un criminale, aiutato da due piccoli truffatori sotto ricatto, cerca di introdursi nell’abitazione dove però c’è soltanto la moglie del fotografo, cieca in seguito ad un incidente. Sarà un’impresa facile come sembra?

Da uno spettacolo di Broadway di Frederick Knott, adattato dai coniugi Robert e Jane Howard Carrington, un thriller teso e claustrofobico che rispetta le tre unità aristoteliche del racconto (luogo, tempo e azione), semidimenticato nonostante l’ottima fattura e la magistrale performance della 37enne Hepburn che, per ottenere un risultato credibile, si preparò frequentando una scuola per ciechi. La storia pecca di inverosimiglianza (possibile che, messa con le spalle al muro, Susy non consegni la bambola ai suoi aguzzini? Il suo senso di giustizia è così assoluto da mettere a repentaglio la propria vita – e quella di una vicina bambina – pur di non consegnare qualche bustina di droga?), ma Young si rivela talmente bravo ad amministrare la suspense, anche (o soprattutto) attraverso le scelte di regia, che è davvero facile ritrovarsi coinvolti. Ma è un film molto moderno anche nel messaggio: Susy riesce ad avere la meglio sui suoi aggressori quando utilizza la propria disabilità contro di loro, quando smette di lamentarsi e di chiedere aiuto e, portati i nemici alla sua stessa condizione (il buio), sfrutta le abilità che la disabilità le ha acuito. Suspense in crescendo con un’ultima mezz’ora da scuola del cinema (e incursioni nell’horror). Indimenticabile il villain di Arkin, male puro, molto pulp ante-litteram. Anche se la migliore rimane lei, Hepburn, all’ultimo film prima di sfoltire i propri impegni cinematografici (dopo questa girerà soltanto altre quattro pellicole). Grande fotografia di Charles Lang, musiche funzionali di Henry Mancini. Prodotto da Mel Ferrer, ai tempi ancora marito (ma per poco) dell’attrice protagonista.

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