Rocky

(Rocky)

Regia di John G. Avildsen

con Sylvester Stallone (Rocky Balboa), Talia Shire (Adriana Pennino), Burt Young (Paulie Pennino), Carl Weathers (Apollo Creed), Burgess Meredith (Mickey Goldmill), Thayer David (Jergens), Joe Spinell (Tony Gasco), Jimmy Gambina (Mike), Stan Shaw (Dipper), Tony Burton (Tony Evers).

PAESE: USA 1976
GENERE: Drammatico
DURATA: 119′

Philadelphia. Il trentenne Rocky Balboa vivacchia disputando qualche incontro di boxe e facendo recupero crediti per un piccolo gangster del suo quartiere. La grande occasione si presenta quando Apollo Creed, campione del mondo dei pesi massimi, lo seleziona per un incontro di routine. A sorpresa, Rocky resiste per tutti e 15 i round e perde soltanto ai punti.

Scritto da Stallone, allora semi-sconosciuto, è forse il più noto film di pugilato della storia del cinema, vero e proprio fenomeno di costume entrato (e rimasto) nell’immaginario collettivo degli spettatori di tutto il mondo. Nonostante la fama, non è propriamente un film sulla boxe quanto un film sulla boxe come occasione di riscatto sociale: non conta vincere, conta restare in piedi, resistere, sul ring come nella vita, e a Stallone (che in tutto il film combatte poco più di una decina di minuti) interessa piuttosto il racconto della quotidianità della classe povera di Philadelphia, coi suoi sogni infranti e i suoi sacrifici, spesso dimenticata dalla politica e dalle istituzioni. La stessa ragione per cui Rocky arriva ad avere l’occasione della vita è frutto della furbizia e dall’opportunismo di Apollo, e non di possibilità oggettive che chiunque può avere. Alla faccia del manifesto del sogno americano… Avildsen, non innovatore ma solido mestierante della New Hollywood, centra il bersaglio con uno stile ruvido e asciutto ma suggestivo, sempre “sulla strada”, e si rivela abilissimo nello sfruttare lo spazio del fotogramma senza abusare del montaggio (cosa che invece succederà ai capitoli successivi).

Grazie alla steady-cam, appena inventata dall’operatore Garrett Brown, le scene di allenamento e di lotta si pregiano di un dinamismo notevole. Faranno scuola. Meravigliosa la storia d’amore tra Rocky e Adriana, narrata in maniera dolcissima e non banale, e struggente il rapporto tra il pugile e il suo allenatore Mickey, un altro sconfitto dalla vita che vede nello sport l’unica possibilità di riscatto (anche se, ormai, per interposta persona). Bei personaggi, dialoghi brillanti, tante trovate. E bravo Stallone, cui va anche il merito di averci creduto nonostante gli iniziali rifiuti degli studios. Girato in 28 giorni e con un budget di 1,1 milioni di dollari, ne racimolò 200 in giro per il mondo. E quindi, via di seguiti: cinque, più (per ora) due spin-off. Enorme successo anche per la colonna sonora di Bill Conti, nella quale spicca la celeberrima Gonna Fly Now. Ottima fotografia notturna e granulosa di James Crabe e, una volta tanto, straordinario doppiaggio italiano a cura di Gigi Proietti: la voce che urla Adrianaaa è la sua. Bravissima la Shire, niente male Stallone. Tre inaspettati Oscar: film, regia e montaggio (Richard Halsey e Scott Conrad). Un gran film, invecchiato benissimo.

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