Il nome della rosa

(The Name of the Rose)

Regia di Jean-Jacques Annaud

con Sean Connery (Guglielmo da Baskerville), Christian Slater (Adso da Melk), F. Murray Abraham (Bernardo Gui), Michael Lonsdale (Abbone da Fossanova), Fedor Fedorovic Saljapin (Jorge da Burgos), William Hickey (Ubertino da Casale), Ron Perlman (Salvatore), Elya Baskin (Severino), Helmut Qualtinger (Remigio da Varagine), Michael Habeck (Berengario), Volker Pretchel (Malachia), Leopoldo Trieste (Michele da Cesena), Valentina Vargas (la ragazza).

PAESE: Italia, Germania Ovest, Francia 1986
GENERE: Giallo storico
DURATA: 126′

1327. Guglielmo da Baskerville, monaco benedettino con un passato da inquisitore, raggiunge con il novizio Adso da Melk un’abbazia sperduta sull’appennino toscano, dove è chiamato a prendere parte a una “disputa” sulle tesi dell’ordine francescano. Si ritrova invece ad indagare su una serie di morti cruente che gli altri prelati attribuiscono al demonio. Scoprirà che il colpevole è invece più umano che mai…

A partire dai titoli di testa, che recitano “palinsesto dal romanzo di Umberto Eco” piuttosto che “tratto dal romanzo…” (in filologia, il palinsesto è una pagina manoscritta che è stata scritta, cancellata e poi scritta nuovamente), è chiaro il carattere dell’operazione: non una versione pedissequa dell’opera di Eco, oltretutto da molti considerata infilmabile (se non altro per le tante divagazioni di carattere filologico/teologico), quanto una riduzione pensata per un “mezzo” molto diverso che tiene conto dello spirito della celeberrima opera (1980) del semiologo italiano senza tuttavia imporsi lo scrupolo di volerne filmare la totalità dei temi e delle concettualizzazioni. Il risultato è un film tutt’altro che superficiale, privo (ovviamente, ma diremmo anche fortunatamente) delle parentesi di carattere saggistico del libro ma assolutamente fedele ad esso nelle riflessioni, soprattutto quelle di carattere socio-politico: la Chiesa, ieri come oggi, tiene nascosti i libri perchè, se il popolo impara a leggere (e a ragionare), può anche imparare a ribellarsi al millenario potere clericale. Ed ecco quindi che viene a galla il vero valore de Il nome della Rosa, ovvero un tributo alla cultura, alla lettura, al sapere come uniche armi che l’uomo deve impugnare per essere davvero libero. Il tutto costruito in maniera sapiente su una struttura da giallo deduttivo (il cognome di Guglielmo è un chiaro rimando a Il mastino dei Baskerville, il più celebre romanzo con protagonista Sherlock Holmes) che intriga e funziona a meraviglia, con atmosfere malsane ed inquietanti e una moltitudine di comprimari truccati in maniera mostruosa, ad accentuare attraverso la bruttezza fisica la bruttezza morale di questa Chiesa che proprio non riesce ad accettare di farsi povera e dunque coerente con gli insegnamenti di San Francesco (questo è il tema della disputa che si svolge all’abbazia). Ottima prova di Connery, troppo caricaturale quella di Abraham nei panni del sanguinario Bernardo Gui. Sceneggiatura scritta da Andrew Birkin, Gérard Brach, Howard Franklin e Alain Godard, fotografia (magistrale) del nostro Tonino Delli Colli e musiche funzionali di James Horner. Negli Stati Uniti fu un flop, in Europa (e soprattutto in Italia) un successo travolgente. Gli interni furono girati nell’abbazia di Eberbach in Germania, gli esterni ricostruiti a Cinecittà da una squadra di scenografi capitanati da Dante Ferretti, Giorgio Giovannini e Francesca Lo Schiavo.

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