Contact

(Contact)

Regia di Robert Zemeckis

con Jodie Foster (Ellie Arroway), Matthew McConaughey (Joss Palmer), David Morse (Ted Arroway), Jena Malone (Ellie bambina), Tom Skerritt (David Drumlin), Geofrrey Blake (Fisher), William Fichtner (Kent), Angela Bassett (Rachel Constantine), John Hurt (S. R. Hadden), Rob Lowe (Richard Rank), James Woods (Michael Kitz), Alex Veadov (astronauta russo).

PAESE: USA 1997
GENERE: Fantascienza
DURATA: 153’

Dallo spazio profondo arriva un messaggio cifrato che spiega come costruire un’astronave. La scienziata Ellie viene prima scartata perché atea e poi, quando muore l’astronauta destinato alla missione, spedita nello spazio.

Tratto da un romanzo di Carl Sagan – morto durante le riprese – e adattato da James V. Hart e Michael Goldenberg, il decimo lungometraggio di Zemeckis è uno sci- fi anomalo nel suo essere apertamente ateo: al centro dell’universo c’è “l’essere” (non solo umano) con le sue azioni, le sue invenzioni, le sue domande. Un piccolo capolavoro di fantascienza “matura”, senza cadute di gusto, sorretto da una protagonista orgogliosamente non credente che si fida solo di ciò che vede (o meglio, di ciò che prova). Zemeckis non si ferma ad analizzare il rapporto tra fede e scienza, bensì cerca di spiegare il ruolo della seconda a livello filosofico, esistenziale, sociale, dipingendo un riuscito, originale, suggestivo quadro visivo che, per “concezione sensoriale”, ricorda gli incontri ravvicinati di Spielberg. Senza però mostrare nemmeno un alieno, o meglio, mostrandolo sotto le mentite spoglie di un essere umano amato da Ellie: per avvicinarla gli extraterrestri assumono l’aspetto del padre scomparso, il che genera una nuova serie di riflessioni sul ruolo dello scienziato/ sognatore che tanto piace a Zemeckis (non era forse inscrivibile in questa categoria il meno poetico, più fumettistico, Doc di Ritorno al futuro?).

Molta critica, tra cui anche Paolo Mereghetti, attacca la scena finale perché il pianeta visitato dalla Foster è una specie di Paradiso delle anime tipo Seychelles: può anche essere, ma se si considera il fatto che gli alieni si mimetizzino in qualcosa di famigliare per Ellie (il padre), allora perché non potrebbero fare altrettanto con l’ambiente, trasmettendole visivamente quello che per lei è un ideale di serenità? Gli si può semmai rimproverare qualche ridondanza nel finale e la smania – sempre nel finale – di spiegare troppo. Il che, comunque, non prescinde dalla possibilità di diverse letture. Zemeckis ci mette, dalla sua, un’ottima e sensibile regia, capace di coniugare il suo estro visivo (o visionario? La seconda torre di lancio, costruita in un affascinante paesaggio misterioso, farebbe propendere per il secondo aggettivo) con gli aspetti psicologici dei protagonisti, tra cui nessuno è pur minimamente sfocato. Ma anche la suspense è sempre risolta in maniera non convenzionale, come dimostra la bellissima sequenza, verso l’inizio, in cui viene captato il messaggio: raramente era stato trasmesso così bene un “senso di attesa” intinto nel mistero. Belle musiche del solito Alan Silvestri e ottima fotografia di Don Burgess.

Un film da non perdere, non soltanto per gli amanti della fantascienza concettuale alla 2001. Emozionante, coinvolgente, lirico, qua e là poetico.

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