Bussano alla porta

(Knock at the Cabin)

Regia di M. Night Shyamalan

con Dave Bautista (Leonard), Jonathan Groff (Eric), Ben Aldridge (Andrew), Nikki Amuka-Bird (Sabrina), Kristen Cui (Wen), Abby Quinn (Adriane), Rupert Grint (Redmond).

PAESE: USA, Cina 2023
GENERE: Thriller
DURATA: 100′

Quattro persone bussano alla porta dell’isolato cottage affittato da Andrew ed Eric con la figlioletta adottiva Wen. Intrufolatisi dentro con la forza, chiedono ai membri della famiglia di sacrificare uno di loro per evitare la fine del mondo. I due papà si convincono di aver a che fare con dei sociopatici paranoici, ma la televisione inizia a trasmettere notizie che sembrano avverare con precisione le previsioni degli invasori…

Dal romanzo La casa alla fine del mondo (2018) di Paul G. Trembley, adattato dal regista con Steve Desmond e Michael Sherman modificandone il (tragico) finale. Come sempre accade nel cinema del regista, le strutture del thriller e dell’horror servono a veicolare potenti riflessioni metaforiche sull’umanità, e anche questo Knock at the Cabin segue questa logica. Se è innegabile che il discorso simbolico, come del resto già accadeva nel precedente Old (2021), si fa preponderante a discapito dello spavento, è pur vero che il cinema di Shyamalan si fa sempre più ambizioso e coraggioso, ma anche più complesso dal punto di vista ideologico e meta-testuale. E una trama dal vago sapore biblico, con i quattro invasori palesemente ispirati ai quattro cavalieri dell’apocalisse e le vittime costrette a scelte simili a quella di Abramo col figlio Isacco, diventa presto una riuscita riflessione sulla fede nell’altro e sul sacrificio di sé, inteso come un estremo ed anti-egoistico gesto d’amore verso le prossime generazioni. In questo modo, la scelta di cambiare il finale del romanzo non è solo una cessione alle logiche hollywoodiane, ma anche l’unico modo per sottolineare che, ogni tanto, scommettere sul prossimo è ancora la cosa giusta da fare. La prima parte, in cui sia i personaggi che gli spettatori si chiedono se le parole di Leonard e soci siano veritiere o solo il frutto di un’immaginazione malata e paranoide, conferma tutta la maestria tecnica di un regista che al di là di tutto resta un maestro nel creare angoscia e suspense. La seconda può piacere o non piacere, ma è coerente col senso del film, col suo messaggio intrinseco. La scelta di mettere al centro della storia due omosessuali che hanno adottato una bambina orientale non è, come del resto già nel romanzo, una cessione al politically correct, ma una scelta che sottolinea il valore del sacrificio come rinuncia a qualcosa di bello, qualcosa per cui magari si è combattuto tanto. L’ex wrestler Bautista, capace di coniugare l’aspetto da gigante con una tenerezza rara, sembra nato per interpretare il ruolo di Leonard. Bravi anche la piccola Cui, Groff e Aldridge (entrambi realmente omosessuali).

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