Nope

(Nope)

Regia di Jordan Peele

con Daniel Kaluuya (OJ Haywood Jr.), Keke Palmer (Emerald Haywood), Steven Yuen (Ricky “Jupe” Park), Michael Wincott (Antlers Holst), Brandon Perea (Angel Torres), Wrenn Schmidt (Amber Park), Keith David (Otis Haywood Sr.), Donna Mills (Bonnie Clayton), Terry Notary (Gordy).

PAESE: USA 2022
GENERE: Fantascienza
DURATA: 130′

Agua Dulce, California. Morto il padre, i fratelli OJ e Emerald Haywood faticano a gestire il ranch di famiglia, un tempo uno dei più redditizi nel businnes dell’addestramento di cavalli per il cinema. Quando nella vallata si manifestano ignote presenze i due cercano di sfruttare la cosa per fini commerciali, ma devono guardarsi dal vicino Jupe Park, ex attore di sit-com che da bambino fu protagonista di una tragedia sul set e ora gestisce un parco a tema western nelle vicinanze…

Al terzo film – dopo Scappa – Get Out (2017) e Noi (2019) – l’ex comico del Saturday Night Live Peele è già a suo modo un autore dell’horror politico americano, e non soltanto perchè il suo è sempre stato un cinema afroamericano-centrico. Film “spielberghiano” in cui lo “spielberghismo” è affrontato di petto e riletto dall’interno, accompagnato da molte riflessioni sullo sguardo (e qui il modello è sicuramente Carpenter, maestro dichiarato di Peele) e parecchie frecciate sul mondo di Hollywood, coi neri da sempre trattati come bassa manovalanza del cinema (il richiamo all’esperimento fotografico Sallie Gardner al galoppodel 1878, non è casuale). La prima parte gode di una suspense perfetta, anche grazie a una macchina da presa mobilissima che, come in un film western, staglia i volti dello sbigottito OJ su radure desolate e cieli oscuri e colmi di minacciosi nuvoloni (anch’essi attinenti all’intreccio), valorizzati dal digitale della fotografia formato IMAX (per la prima volta utilizzato in un film dell’orrore) del nolaniano Hoyte van Hoytema. I pro e i contro della seconda parte, invece, sono ben riassunti da una battuta del direttore della fotografia interpretato da Wincott: “quanto è meravigliosamente stupido tutto questo?”, si chiede il personaggio osservando il piano escogitato per fermare il “cattivo”. Esattamente così: una seconda parte visivamente intrigante che però cede al didascalico, con personaggi che meccanicamente si mettono a fare cose stupide pur di divenire simboli di qualche cosa (il giornalista motociclista disposto a tutto per lo scoop, il direttore della fotografia che non vuole più smettere di girare) e parallelismi cavallo/creatura un pò raffazzonati. Insomma, alla fine la sensazione è quella di stare davanti a un buon film, originale e leggibile su più livelli ma lontano dall’essere un capolavoro. Ottima colonna sonora di Michael Abels, capace di rendere anche il silenzio un “rumore” assordante. Da vedere in lingua originale, anche perchè è l’unico modo per comprendere il significato del titolo.

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