Rambo III

(Rambo III)

Regia di Peter MacDonald

con Sylvester Stallone (John Rambo), Richard Crenna (Colonnello Samuel Trautman), Marc de Jonge (Aljeksekj Zajsin), Sasson Gabai (Mousa Ghani), Spiros Focas (Masoud), Doudi Shoua (Hamid), Kurtwood Smith (Robert Griggs), Joseph Shiloach (Khalid), Randy Rainey (Kourov).

PAESE: USA 1988
GENERE: Guerra
DURATA: 97′

Ritiratosi in un monastero tibetano (sic), Rambo riprende le armi per liberare il suo mentore Trautman, catturato durante una missione nell’Afghanistan occupato dall’unione sovietica. Aiutato dai mujaheddin, riuscirà anche stavolta nell’impresa.

Terzo capitolo della saga, diretto dall’operatore MacDonald dopo l’abbandono, per divergenze creative, di Russell Mulcahy, scritto da Stallone con Sheldon Lettich. Guadagna qualche punto rispetto al secondo in termini di regia (soprattutto nelle scene d’azione) e dialoghi (nei quali finalmente spunta un minimo di ironia), ma resta impossibile prenderlo sul serio: i suoi leitmotif sono i muscoli oliati di Stallone, a petto nudo per ¾ di film, e la retorica guerrafondaia e nazionalista che prevede russi cattivissimi e invasori di paesi (col ritratto di Lenin appeso in ufficio) e americani buoni e difensori di oppressi; sul primo punto si potrebbe anche essere parzialmente d’accordo (quella dell’unione sovietica in Afghanistan fu effettivamente un’invasione), ma sul secondo, con gli USA issati a paladini del buon cuore e del diritto internazionale, ci sarebbe qualcosa da ridire. Tra le sequenze da antologia del trash ricordiamo almeno Rambo che a) smina col pugnale; b) si cauterizza una ferita con la polvere da sparo; c) fa esplodere un elicottero con una freccia e, dulcis in fundo, d) intrattiene col cattivone un improbabile duello carro armato vs elicottero. Più curato del secondo, girato meglio e con qualche incursione nel colore e nella storia locale, resta comunque un film improponibile. Costato 65 milioni di dollari (dei quali 14 per Stallone, che per ribadire la propria riconosciuta megalomania volle essere pagato con un jet) ne racimolò 190 in giro per il mondo, deludendo in parte le aspettative: forse perché, nel frattempo, l’URSS aveva lasciato l’Afghanistan rendendo la storia più anacronistica di quanto già non fosse.

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