Dune²

(Dune: Part One)

Regia di Denis Villeneuve

con Timothée Chalamet (Paul Atreides), Rebecca Ferguson (Lady Jessica), Oscar Isaac (Duca Leto Atreides), Josh Brolin (Gurney Halleck), Stellan Skarsgard (barone Valdimir Harkonnen), Charlotte Rampling (Gaius Helen Mohiam), Dave Bautista (Rabban Harkonnen), Stephen McKinley Henderson (Thufir Hawat), Zendaya (Chani), David Dastmalchian (Piter DeVries), Chang Chen (dottor Yueh), Sharon Duncan-Brewster (dottoressa Liet Kynes), Jason Momoa (Duncan Idaho), Javier Bardem (Stilgar).

PAESE: USA, Canada 2021
GENERE: Fantascienza
DURATA: 155′

In un lontanissimo futuro, l’universo conosciuto è retto da un Imperatore che amministra il proprio dominio attraverso un sistema feudale affidato a diverse dinastie nobiliari. Il casato degli Atreides viene incaricato di raggiungere e amministrare il pianeta desertico di Arrakis, detto Dune, sul quale si raccoglie e raffina una sostanza (la Spezia) fondamentale per compiere viaggi interstellari (e non solo). Il duca Leto, capo degli Atreides, ipotizza che si tratti di una trappola ordita dall’Imperatore che, preoccupato per la costante ascesa degli Atreides, vuole indebolirli spingendoli a una guerra contro gli Harkonnen, precedenti feudatari di Arrakis. In seguito alla feroce battaglia tra le due dinastie, il figlio del Duca, Paul Atreides, e sua madre Lady Jessica si ritroveranno soli in un mondo ostile, popolato da giganteschi vermoni della sabbia e dal misterioso popolo nomade dei Fremen. Intanto, qualcosa dentro Paul sta cambiando, e il suo rapporto con Arrakis e soprattutto con la spezia assume contorni decisamente inquietanti…

Seconda trasposizione del romanzo caposaldo (1965) Dune di Frank Herbert, dopo quella del 1984 prodotta da De Laurentiis e diretta da David Lynch (che però la ripudiò). Al netto delle diverse epoche storiche e di due stili di regia profondamente diversi, inevitabili sono i paragoni tra le due versioni. Innanzitutto, paga la decisione di Villeneuve di dividere in due film il lungo romanzo di Herbert, che invece Lynch dovette condensare in un solo film: se si considera che lo stesso materiale che Lynch presentava in un’ora e 20 minuti Villeneuve lo presenta in due ore e 35, non è difficile capire quanto questo nuovo adattamento sia molto più chiaro e comprensibile anche per chi non ha letto il romanzo; Villeneuve può contestualizzare e raccontare meglio quello che è di fatto un complesso universo letterario progettato sin nei minimi dettagli, un “mondo inventato” accostabile soltanto a quello ideato da Tolkien negli anni trenta per il suo Il signore degli anelli. Questo Dune è dunque un film più fruibile e strutturato, ma anche più sobrio e meno figlio del tempo in cui fu girato (Lynch dovette compiacere un gusto visivo anni ottanta decisamente più barocco, sopra le righe, e dunque già molto datato); vanta molti richiami all’attualità, con “l’uomo bianco” che spreme un pianeta terzomondista casualmente “seduto” su una miniera d’oro (La spezia), evidente richiamo allo sfruttamento dell’occidente ai danni dei paesi arabi “seduti” sul petrolio (oltretutto anche la Spezia, come la benzina, serve per viaggiare); infine, costruisce in maniera più credibile e meno netta il mutamento caratteriale del giovane Paul, destinato (forse) a rovesciare il potere imperiale e a ridare all’universo pace e prosperità. Fin qui tutto bene, il film è bello da vedere, fatto benissimo, coinvolgente.

Non manca però di (vistosi) difetti. La seconda parte, quella dopo la battaglia tra gli Atreides e gli Harkonnen, con Paul e Jessica esuli nel deserto minaccioso, è davvero troppo lunga, ripetitiva, e succede poca roba in termini di sviluppo narrativo; molto meglio la prima, nella quale c’è anche un personaggio davvero ben scritto e al quale ci si affeziona con facilità, ovvero l’autorevole (non autoritario) duca Leto Atreides barbuto dell’ottimo Isaac. Ovvio che essendo il film una parte 1 non può esserci una degna conclusione, ma qui l’impressione è proprio di una pellicola “troncata” male. In seconda istanza, il film manca di quelle scene che hanno reso unico (e davvero riconoscibile) il cinema di Villeneuve, quelle sequenze sospese, rarefatte, che dilatavano il tempo per indagare stati d’animo e pensieri dei personaggi; non mancano le dilatazioni temporali, vero, ma sono quasi sempre fini a sè stesse, mai poetiche o davvero simboliche. Infine, non ci è piaciuto molto l’inserimento di bad-ass tipicamente hollywoodiani che strizzano l’occhio al grande pubblico marveldipendente, come ad esempio il Gurney di Brolin e il Duncan Idaho di Momoa (che pare interpreti sempre e comunque Aquaman).

Un ultimo difetto, ma del quale Villeneuve è incolpevole tanto quanto lo fu Lynch quasi quarant’anni prima, è la costante impressione di deja-vu dettata dal fatto che la fantascienza cinematografica venuta dopo la pubblicazione di Dune abbia spremuto in lungo e in largo il romanzo ai limiti del plagio (vedere alla voce Star Wars), e dunque ora molte suggestioni di quello stesso romanzo, trasposte al cinema, risultano in molti aspetti già raccontate, soprattutto dalla saga di Lucas: e così la sorellanza delle Bene Gesserit ricorda pericolosamente la “forza” dei Jedi, l’impero ricorda nei metodi e nelle dinamiche l’impero guidato da Palpatine, Paul rischia di passare al lato oscuro proprio come Luke Skywalker, e le ambientazioni desertiche e certe dinamiche medievali sono suppergiù le stesse viste nella saga precedente (ma successiva al romanzo, saccheggiato da Lucas a pienissime mani). C’è pure una rivelazione su una parentela inaspettata, che però vi risparmiamo per non spoilerare: verrà ripresa sicuramente nel secondo film. Una pellicola curata, con una prima parte godibile e un ottimo estro visivo, eppure non del tutto riuscita: come già successe a Lynch, anche qui lo scontro tra l’autorialità del regista e il volere della produzione non appare del tutto risolto. Grande fotografia di Greig Fraser, che ispirandosi al lavoro svolto da Freddie Francis nella prima trasposizione, illumina pianeti e dinastie in maniera differente a seconda del loro carattere e del loro ruolo all’interno della storia. Musiche di Hans Zimmer. Ottime prove di Ferguson, Isaac e Skarsgard. Quella di Chalamet è funzionale al suo personaggio, ma forse non è la migliore. Sceneggiatura attribuita al regista con Eric Roth (Oscar per Forrest Gump) e Jon Spaiths. Alcune sequenze sono state girate in formato IMAX. Un Dune che probabilmente andava fatto, anche perchè appare un pò come la versione “seria”, adulta del film di Lynch.

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