Army of the Dead

(Army of the Dead)

Regia di Zack Snyder

con Dave Bautista (Scott Ward), Ella Purnell (Kate Ward), Omari Hardwick (Vanderohe), Ana de la Reguera (Maria Cruz), Matthias Schweighofer (Ludwig Dieter), Nora Arnezeder (Coyote), Tig Notaro (Marianne Peters), Raul Castillo (Mikey Guzman), Garret Dillahunt (Martin), Hiroyuki Sanada (Hunter Bly), Theo Rossi (Burt Cummings), Huma Qureshi (Geeta), Samantha Win (Chambers), Richard Cetrone (Zeus), Michael Cassidy (Kelly Cassady).

PAESE: USA 2021
GENERE: Horror
DURATA: 148′

In seguito a un incidente, ovvero la fuga del paziente “zero”, Las Vegas cade in mano agli zombi. Dopo averla inizialmente isolata dal resto del mondo, il governo americano progetta di risolvere il problema sganciando l’atomica. Poco prima della distruzione totale, un ex militare mette insieme una squadra per entrare nel perimetro e recuperare il lauto bottino contenuto nel caveau di un casinò. Ma gli zombi nel frattempo si sono organizzati, e sono diventati ancora più pericolosi…

Nono film di Snyder, che torna sul tema dei non morti 17 anni dopo il suo film d’esordio, L’alba dei morti viventi (2004), remake di Zombi (1978) di Romero. Messo in cantiere da Universal e Warner Bros a partire dal 2007, Army of the Dead ha iniziato a prendere forma soltanto dodici anni dopo, nel 2019, ovvero quando Netflix ha acquistato i diritti della storia e ha chiamato alla regia Snyder (anche autore della sceneggiatura con Shay Hatten e Joby Harold). Finchè resta dalle parti del suo amore di gioventù, il videoclip, ovvero finchè si limita a coordinare in maniera evocativa musica e immagini, Snyder rivela un talento indiscutibile: i titoli di testa, nei quali è riassunto il diffondersi della pandemia al ritmo di Viva Las Vegas cantata da Richard Cheese, sono puro trionfo POP godibile e immaginifico, davvero notevoli. Il cinema però è un’altra cosa. E infatti, quando Snyder prova a farlo (il cinema), il risultato si fa deludente: intreccio pieno di falle e nessuna logica narrativa, dialoghi da telefilm per teenagers anni novanta che dovrebbero essere ironici o brillanti in stile Marvel ma sono solo imbarazzanti, personaggi bidimensionali, dinamiche tra loro assolutamente elementari, cast raffazzonato e mal diretto, stile ipercinetico e tamarrissimo (slow motion, lenti luminosissime per creare effetto soft flou, ritocchini digitali in ogni singola inquadratura). E pure il ritmo, stavolta, latita.

Insomma, Snyder è davvero un autore come dice qualcuno, ma gli elementi attraverso cui si riconosce il suo cinema sono (quasi) tutti negativi. La sceneggiatura tenta qualche novità (la zombi incinta), accenna qualche frecciata satirica (il presidente vuole bombardare Vegas il 4 luglio perchè “sarebbe fighissimo”), prova addirittura ad ispirarsi a modelli illustri (Carpenter, Cameron), ma la verità è che il film è la fiera del già visto, e dove non è già visto fa acqua da tutte le parti. E che dire di questi zombi che non sono più nemmeno zombi, ma mostri intelligentissimi e condottieri abili e perfettamente organizzati? Degustibus, ma noi continuiamo a preferire i morti viventi di Romero, stupidotti e lenti ma instancabili, proprio per questo inquietanti e velatamente metaforici. Qui, nonostante l’esordio snyderiano di 17 anni fa, di Romero non c’è nulla. C’è piuttosto l’Anderson di Resident Evil, ma non è propriamente un bene.

L’attrice Tig Notaro ha girato le proprie scene da sola e davanti a un green screen, a riprese ultimate, per poi essere inserita digitalmente nel film al posto di Chris D’Elia, interprete inizialmente scelto per il ruolo dell’elicotterista ma rinnegato da Snyder e dalla produzione dopo essere stato accusato di molestie sessuali. Checchè ne dica il regista, e nonostante l’effettivo alto livello della CG, il trucco si vede eccome. Abbastanza incredibile comunque pensare che Notaro e Bautista non si siano mai nemmeno incontrati. Costo finale: 90 milioni di dollari, più una ragguardevole (e non dichiarata) cifra per lo swich tra D’Elia e Notaro. Fotografia del regista. In colonna sonora spiccano Suspicious Minds di Elvis, Do you really want to hurt me dei Culture Club e (per non essere prevedibili) Zombie dei Cranberriers, scelta pure un pò trash se si pensa che il brano parla in realtà degli attentati dell’IRA del 1993. Quando i suoi film iniziano a ricevere recensioni negative, di solito Snyder dice che la colpa è dei produttori cattivi che glieli tagliano e rimontano: considerato che stavolta i produttori sono lui e la moglie e che Netflix gli ha lasciato assoluta libertà creativa, dovrà cercare una scusa migliore. Per intanto, siamo ancora qua a pensare che l’unico suo film meritevole di lodi rimanga Watchmen.

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