Un sacco bello

Regia di Carlo Verdone

con Carlo Verdone (Enzo, Ruggero, Leo, don Alfio, Anselmo, il professore), Veronica Miriel (Marisol), Mario Brega (Mario), Renato Scarpa (Sergio), Isabella De Bernardi (Fiorenza), Fausto Di Bella (Antioco), Sandro Ghiani (Cristiano), Filippo Cirò (Dottorino), Luciano Bonanni (l’infermiere), Pietro Zardini (vecchio bendato), Filippo Trincia (l’uomo alla finestra), Bruno Rosa (il bigliettaio).

PAESE: USA 1980
GENERE: Commedia
DURATA: 97′

In una Roma semi deserta per il Ferragosto s’intrecciano le storie di tre personaggi: il coatto Enzo ha programmato una gita scopereccia in Polonia, ma fatica a trovare un compagno di viaggio; mentre sta volantinando a un incrocio, il giovane hippy Ruggero viene raggiunto dal padre che, con l’aiuto di un prete, un cugino e un professore (tutti e tre interpretati da Verdone), cerca di riportarlo alla retta via; il timido Leo dovrebbe raggiungere la madre a Ladispoli, ma si ritrova ad ospitare una giovane e bella spagnola che gli mette in subbuglio i sensi.

Esordio del 29enne Verdone, spronato da Sergio Leone che gli affiancò in sceneggiatura due esperti del ramo (Benvenuti e De Bernardi) e insistette affinché portasse al cinema i personaggi che l’avevano consacrato al successo televisivo (la trasmissione era Non stop). Asservito all’irresistibile Verdone attore – che si cimenta in ben sei ruoli, tre principali e tre secondari – il Verdone regista mostra padronanza del mezzo e precisione chirurgica nell’esaltare i propri tempi comici, avvalendosi oltretutto di contributi tecnici notevoli, soprattutto per un esordiente (l’interessamento di Leone permise di avere nientemeno che Morricone in colonna sonora e Ennio Guarneri alla direzione delle fotografia). Il risultato risulta ancora oggi estremamente godibile, non sempre originale nelle scelte narrative ma frizzante in quelle comiche. Celeberrimo lo sguardo verso l’alto di Leo quando non capisce qualcosa (spesso seguito da un “in che senso?”) e la parlantina di Ruggero e della fidanzata Fiorenza, tutta piena di “cioè” e di “veramente”.

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