Porte aperte

Regia di Gianni Amelio

con Gian Maria Volonté (Vito Di Francesco), Ennio Fantastichini (Tommaso Scalia), Renzo Giovampietro (presidente Sanna), Renato Carpentieri (Consolo), Tony Palazzo (l’autista), Tuccio Musumeci (avvocato Spatafora), Silverio Blasi (procuratore), Francesco Sineri (Peppuccio), Vittorio Zarfati (il cancelliere), Vitalba Andrea (Rosa Scalia), Lidia Alfonsi (Marchesa Pironti).

PAESE: Italia 1990
GENERE: Drammatico
DURATA: 108’

Palermo, 1937. Un piccolo giudice a latere si batte affinché un pluriomicida, fascista e convinto sostenitore della pena di morte, sia condannato all’ergastolo invece che alla fucilazione. Ma la sua battaglia è rischiosa, perché mettere in dubbio la legittimità della pena capitale significa mettere in dubbio i dettami del regime…

Dal romanzo omonimo di Sciascia (1987), adattato dal regista – al terzo lungometraggio – con Vincenzo Cerami e Alessandro Sermoneta, uno dei migliori film giudiziari del cinema italiano. Andrebbe mostrato nelle scuole per spiegare la differenza tra stato democratico e stato autoritario in materia di giustizia, e per sottolineare quanto umanità e pietà siano sentimenti che in nessun modo potevano (e possono) andare d’accordo coi dettami del fascismo. Film asciutto, anti-retorico e anti-spettacolare, perfetto nel parlare di fascismo senza quasi mai mostrarlo, preferendo parlare delle conseguenze che esso aveva nella mentalità della maggioranza delle persone. Nel personaggio di Consolo si racconta (e si auspica) la presa di coscienza dell’uomo comune che, citando un dialogo del film, comprende che c’è una bella differenza tra gridare “a morte” in strada e firmare (quindi essere responsabile) di una vera condanna a morte. Non è forse la stessa cosa che, oggi, ci auspichiamo accada agli haters da tastiera e ad un certo populismo di destra? Bella, e parecchio simbolica, anche la natura del rapporto tra Di Francesco e Consolo: la gente di cultura (come il giudice) non può limitarsi a dire che le cose stanno in un modo o nell’altro, bensì deve trovare un modo per spiegarle a tutti, dal cittadino borghese al contadino sperduto nell’ultimo casolare siculo (come Consolo, appunto). Grandi prove di Fantastichini, Carpentieri (attore teatrale, per la prima volta al cinema) e, ovviamente, Volontè, che recita per sottrazione, sotto le righe, senza sbagliare un gesto o uno sguardo. Forse, pur lontana dalle performance grottesche dei tempi d’oro, è una delle migliori in assoluto. Il titolo fa riferimento al luogo comune, citato in un dialogo del film, secondo cui ai tempi del Duce, grazie al deterrente della pena di morte, si poteva andare a dormire tenendo le porte aperte. Preziosa fotografia di Tonino Nardi. Nomination all’Oscar per il miglior film straniero. Imperdibile.

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