La fabbrica di cioccolato

(Charlie and the Chocolate Factory)

Regia di Tim Burton

con Johnny Depp (Willy Wonka), Freddie Highmore (Charlie Bucket), David Kelly (Nonno Joe), Helena Bonham Carter (Mrs. Bucket), Noah Taylor (Mr. Bucket), AnnaSophia Robb (Violetta Beaudegarde), Missi Pyle (Mrs. Beaudegarde), Julia Winter (Veruca Salt), James Fox (Mr. Salt), Christopher Lee (Dott. Wilbur Wonka), Deep Roy (Oompa Loompa), Jordan Fry (Mike Tivù), Adam Godley (Mr. Tivù), Philip Wiegratz (August Gloop), Franziska Trogner (Mrs. Gloop).

PAESE: USA 2005
GENERE: Fantastico
DURATA: 110’

Il produttore di cioccolata Willy Wonka, che da anni non si mostra in pubblico e teme che la concorrenza gli rubi le ricette dei dolciumi, indice un concorso speciale: chi, all’interno delle tavolette di cioccolato, troverà uno dei cinque biglietti dorati ivi nascosti, potrà visitare la segretissima fabbrica e ottenere un premio speciale. Ne vengono in possesso quattro bambini antipatici e consumisti più il piccolo e povero Charlie, che vive in una casetta cadente con genitori e quattro nonni, che dormono tutti nello stesso letto.

34 anni dopo la prima trasposizione firmata da Mel Stuart e interpretata da Gene Wilder, Burton torna sul celebre personaggio inventato da Roald Dahl nell’omonimo romanzo del 1964. Rispetto al precedente, disneyano quindi più buonista, accentua il cinismo verso una società mostruosa e malata che plasma i bambini, simbolo di purezza, coi suoi vizi impuri, aggiorna i personaggi (ognuno metafora vivente di ciò che un bambino non dovrebbe essere) alle aberrazioni tecnologico- sociali di oggi, inserisce spunti non presenti nel libro (il rapporto di Willy col padre- dentista) che qualcuno ha giudicato profondamente autobiografici. Ne esce un film ben fatto, educativo, qua e la politicamente scorretto. Non è migliore del capostipite, ma non è nemmeno peggiore: è ricco di trovate visive, personaggi originali, sequenze molto divertenti che non si scordano (quella degli scoiattoli lavoratori, su tutte), anche se, forse, il troppo malumore esistenziale attribuito al personaggio (un malumore decisamente “adulto”) va a cozzare con la meravigliosa magia in cui il racconto era intinto. Pur non essendo certamente così, è il film di Burton che da maggiormente l’impressione di non avere – o meglio, di avere solo in parte – un’anima. Come sempre, comunque, Burton si fa notare per l’originalità delle fiabesche invenzioni scenografiche, per la perfetta capacità di mescolare diversi registri (il fiabesco, la commedia, lo slapstick, il dramma) e per come porta avanti con passione il tema centrale del suo essere autore: i veri mostri siamo noi, e gli unici “normali” sono quelli che chiamiamo “diversi”. Strepitosi i colori, eccessivi e sgargianti come quelli delle caramelle. Johnny Depp, che si è ispirato per il look di Wonka alla giornalista Anna Wintour, direttrice di Vogue, è sia la carta vincente che il difetto maggiore del film: da un lato porta al protagonista una serie di tic e stravaganze che lo rendono ambiguo, misterioso e affascinante, dall’altro appare imprigionato nel ruolo dello stralunato che ricicla sempre sé stesso. Anche se, non è difficile notarlo, tra lui è Jack Sparrow di strada ce n’è molta. Ottimi effetti speciali, che permettono all’attore Deep Roy di diventare piccolissimo rispetto agli altri e di interpretare tutti i 165 Oompa Loompa. Bellissima la scena in cui Charlie e Willy vanno a trovare il padre dentista del primo, che riconosce il figlio dalla dentatura rovinata di chi ha sempre mangiato dolci senza usare il filo interdentale. L’elogio finale alla famiglia per alcuni è banale, per altri (noi compresi) è uno dei pezzi più dolci del cinema di Burton. Colonna sonora azzeccata di (c’è bisogno di dirlo?) Danny Elfman, ottimi costumi della costumista italiana Gabriella Pescucci. Scritto da John August.

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