Le avventure di Tintin – Il segreto dell’unicorno

(The Adventures of Tintin)

Regia di Steven Spielberg

con Jamie Bell (Tintin), Andy Serkis (Capitano Haddock), Daniel Craig (Ivanovich Sakharine), Simon Pegg (Dupond), Nick Frost (Dupont), Toby Jones (Aristide Filaticcio), Kim Stengel (Bianca Castafiore), Mackenzie Crook (Ernie), Daniel Mays (Allan), Enn Reitel (Crabtree), Joe Starr (Barnaby), Sebastian Roché (Pedro), Tony Curran (Tenente Delacourt), Cary Elwes (Pilota).

PAESE: Belgio, Nuova Zelanda, USA 2011
GENERE: Avventura
DURATA: 107’

Il reporter ed esploratore Tintin, accompagnato dal bianco cane Milù e dal beone capitano Haddock, tenta di scoprire il mistero di un antico tesoro sommerso nell’oceano…

Realizzato in 3D con la tecnica del motion capture, il primo film d’animazione diretto da Spielberg si basa sul celeberrimo personaggio inventato nel 1929 dal fumettista belga Hergé. Nelle mani del regista le avventure del giovinotto intraprendente dal ciuffo rosso diventano un meraviglioso caleidoscopio di immagini che traghetta lo spettatore letteralmente “dentro” la storia. La sceneggiatura – di Steven Moffat, Joe Cornish e Edgar Wright (che si porta dietro dal suo cinema gli attori feticcio Frost e Peg) – è banale negli accadimenti e meccanica negli sviluppi, ma in quasi due ore di film non c’è tempo per uno sbadiglio, e si ride molto sia per i dialoghi che per le strepitose sequenze di comicità slapstick. I principi cardine del personaggio sono rispettati – come ad esempio la mancanza di una presentazione vera e propria: anche nei fumetti, di Tintin si sa poco o nulla – e piace la scelta di ambientare la storia in un’Europa senza tempo che, prendendo forse spunto dall’opera di Miyazaki, mescola abilmente auto d’epoca e tecnologie moderne. Il merito della riuscita del film, comunque, è principalmente di Spielberg: da sempre virtuoso nello stile e avanguardista nella tecnica, il regista di Indiana Jones riesce, grazie alle infinite possibilità offerte dal digitale, a muovere la sua funambolica macchina da presa in qualsiasi senso e direzione, ottenendo risultati tutt’altro che banali e auspicando così una gioia della visione che è parte integrante del suo cinema. Il risultato è una sfilza infinita di trovate visive – una su tutte, l’irresistibile e lunghissimo inseguimento in piano sequenza tra gli edifici di una metropoli mediorientale – che convergono nello scopo, raramente raggiunto così bene in passato, di trasportare chi guarda nel meraviglioso mondo dell’avventura su celluloide.

Il fatto che gli scenari siano verosimili al cento per cento e i personaggi solo parzialmente, dimostra che quella di Spielberg non è affatto un’operazione gratuita, bensì una scelta concettuale che, ribadendo l’origine fumettistica del personaggio, non lo snatura: ne propone, piuttosto, una rilettura dinamica, un remake in movimento. Gli si può certo rimproverare almeno un errore madornale, ovvero la scelta di un “cattivo” molto poco affascinante, ma è un dato di fatto che sia un film scorrevole, intelligente, fruibile al grande pubblico ma apprezzabile anche dagli addetti ai lavori, questi ultimi appagati da una dose massiccia di (auto) citazionismo – da Lo squaloall’immancabile Indiana Jones, che era già comunque una sorta di rielaborazione di Tintin – che fa sorridere e incuriosisce. Non stupisce che tra i produttori del film  appaia anche quel Peter Jackson che, col suo cinema in equilibrio tra visioni d’autore e stereotipi hollywoodiani, appare come l’unico erede possibile di Spielberg. Contributi tecnici ineccepibili, dalle musiche di John Williams alla fotografia di Janusz Kaminski, dal montaggio di Michael Kahn alle scenografie di Andrew L. Jones e Jeff Wisniewski. Primo episodio di un’ideale saga sul personaggio, questo frivolo film d’avventure non deluderà né grandi né piccini. Si può rimproverare quel che si vuole a Spielberg, ma non di non essere coerente con sé stesso. Da vedere.

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