Sin City

(Sin City)

Regia di Robert Rodriguez, Frank Miller

con Bruce Willis (John Hartigan), Jessica Alba (Nancy Callahan), Mickey Rourke (Marv), Clive Owen (Dwight), Rosario Dawson (Gail), Elijah Wood (Kevin), Benicio Del Toro (Jack Rafferty), Michael Clarke Duncan (Manute), Carla Gugino (Lucille), Michael Madsen (Bob), Jaime King (Goldie/ Wendy), Brittany Murphy (Shellie), Nick Stall (Junior/ Bastardo giallo), Josh Hartnett (L’uomo), Marley Shelton (La ragazza), Devon Aoki (Miho), Frank Miller (Sacerdote), Rutger Hauer (Cardinale Roark), Alexis Bledel (Becky).

PAESE: USA 2005
GENERE: Fantastico
DURATA: 126′

Tre storie si intrecciano nella sporca e piovosa “(Ba)Sin City”: 1) Marv, ex pugile in libertà condizionata, cerca con tutti i mezzi gli assassini che hanno ucciso la bellissima Goldie, una prostituta che in lui aveva cercato protezione; 2) il poliziotto Hartigan viene incastrato dopo aver salvato una ragazzina dalle violenze di Junior, figlio di un potente uomo politico; il misterioso Dwight si ritrova a dover far sparire il cadavere di uno sbirro, aiutato soltanto dalle aggressive prostitute della “città vecchia”.

Alla base del film ci sono tre graphic novel – più una che fa da cornice – del fumetto Sin City di Frank Miller , edito dal 1991. Non è un film, è un fumetto filmato: Rodriguez, coadiuvato da Miller promosso co-regista, riprende per filo e per segno i disegni dell’autore americano, arrivando addirittura a trasformare ogni singola vignetta in un’inquadratura perfettamente identica. Tutto è digitale, tutto è computerizzato: gli attori hanno recitato davanti a teli verdi e poi sono stati inseriti all’interno delle immagini. Resta da domandarsi se l’operazione abbia senso. O meglio, se ha senso compiere un’operazione milionaria soltanto per innestare il meccanismo del movimento (tipico del cinema) su un arte che, per definizione, non lo possiede (il fumetto). È difficile giudicare un film attraverso questi canoni, diverso dall’originale letterario soltanto perché “si muove”: si può parlare di bella sceneggiatura, di buon montaggio, di stile visivo, di regia? Secondo noi no, perché esse non esistono se non già nel fumetto. Altro discorso è apprezzarne le musiche – di Graeme Revell e dello stesso Rodgriguez – gli effetti speciali (curati, tra gli altri, dal mitico Greg Nicotero) e, vero punto di forza, il lavoro di casting: gli attori sono di una somiglianza spaventosa, chi più, chi meno, ai loro emuli cartacei, e bisogna assolutamente fare un plauso a interpretazioni come quella di Willis, Rourke, Del Toro (appena alcune delle stars presenti). Molte sono invece pressoché poco convincenti, a partire dal pur bravo Clive Owen che ammicca troppo e si crede Bogart. Chi critica Rodriguez di aver fatto un altro prodotto “alla Tarantino” questa volta si sbaglia, o per lo meno non ha chiaro il metro di giudizio: essendo i dialoghi identici al fumetto, è semmai Miller ad aver copiato Tarantino, ipotesi peraltro subito confutata dal fatto che la graphic è del 1991, un’ anno prima che nei cinema uscisse Le Iene:che sia lo stesso Tarantino a dover qualcosa a questo geniale fumettista americano? Resta un film maschilista, auto compiaciuto, sanguinolento e a tratti rozzo, ma è anche divertente, visivamente affascinante, un buon prodotto hard boiled contagiato dal noir e dal “pulp”. Merito di Miller o di Rodriguez? La sequenza in cui il cadavere di Rafferty parla a Dwight in auto è stata diretta da Tarantino in cambio di un dollaro.

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