Orwell 1984

(Nineteen Eighty-Four)

Regia di Michael Radford

con John Hurt (Winston Smith), Suzanna Hamilton (Julia), Richard Burton (O’Brien), Cyril Cusack (Charrington), Gregor Fisher (Parsons), James Walker (Syme), Andrew Wilde (Tillotson), David Cann (Martin), Anthony Benson (Jones), Peter Frye (Rutherford).

PAESE: Gran Bretagna 1984
GENERE: Fantascienza
DURATA: 113’

In un futuro distopico flagellato da continue guerre, i cittadini vivono sotto il rigido controllo del Grande Fratello. Quando uno di loro trova l’amore e decide di viverlo nonostante le restrizioni, scoprirà la terrificante macchina repressiva del regime.

Seconda riduzione cinematografica del romanzo 1984 (1949) di George Orwell dopo quella del 1956 (in Italia intitolata Nel 2000 non sorge il sole). Girato nei docks di Londra tra il marzo e l’ottobre del 1984, ovvero negli stessi luoghi e nello stesso periodo in cui Orwell ambientò il romanzo, è un film soltanto parzialmente riuscito. La prima ora è molto difficile da seguire se non si è letto il libro, e rispetto al romanzo sorvola su alcune questioni fondamentali (qual è il fine ultimo del regime? ), ma i temi cari a Orwell ci sono e sono sviluppati con intelligenza: il potere che decreta ciò che è reale e ciò che è fasullo; il bisogno di tenere buoni i sudditi attraverso il controllo e la repressione preventiva; la creazione di un nemico esterno da odiare per evitare di pensare ai problemi sociali. E, fondamentale, il discorso sull’importanza della cultura e della lettura: un popolo analfabeta difficilmente avrà la volontà di ribellarsi. Radford ha il merito di evitare il grottesco e di concepire sequenze davvero terrificanti (come quella, lunghissima, della tortura), ma non sempre il suo stile sembra adatto a filmare una storia complessa e secondo molti infilmabile. L’atmosfera di squallore e opprimenza è comunque garantita dalla grigia fotografia del grande Roger Deakins e dal tessuto sonoro curato da Dominic Muldoney con gli Eurythmics. Hurt dolente, Burton memorabile nella sua ultima interpretazione. Rimane uno dei film più cupi e senza speranza dell’intera storia del cinema.

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