Midsommar – Il villaggio dei dannati

(Midsommar)

Regia di Ari Aster

con Florence Pugh (Dani Ardor), Jack Reynor (Christian Hughes), William Jackson Harper (Josh), Vilhelm Blomgren (Pelle), Will Poulter (Mark), Ellora Torchia (Connie), Archie Madekwe (Simon), Gunnel Fred (Siv), Isabelle Grill (Maja), Julia Ragnarsson (Inga), Mats Blomgren (Ingemar).

PAESE: USA, Svezia 2019
GENERE: Horror
DURATA: 147′ (171′)

Rimasta sola dopo che la sorella ha ucciso sè stessa e i loro genitori col monossido di carbonio, la studentessa Dani vive un periodo di profonda crisi e trova conforto soltanto nel paziente fidanzato Christian, che però da qualche tempo progetta di lasciarla. Quando lui parte con gli amici per un mese di vacanza in Svezia in un paesino da cui proviene uno di loro, nel quale sta per svolgersi la festa di mezza estate (Midsommar, appunto), Dani lo segue. Inutile dire che, presto, i paciosi e accoglienti abitanti del villaggio si riveleranno diversi da come appaiono…

Secondo lungometraggio scritto e diretto dal giovane Aster (classe 1986), che qui sembra rifarsi a un vecchio classico dell’horror britannico, The Wicker Man (1973) di Robin Hardy. Come già aveva dimostrato nel precedente Hereditary  il suo punto di forza rimane lo stile, studiato, elegante e spesso evocativo (la scena del ritrovamento dei corpi degli Ardor da parte dei Vigili del fuoco, risolta con lunghi e sinuosi piani sequenza, è qualcosa di davvero potente), lontano dai facili jumpscare dell’horror odierno eppure capace di far saltare sulla poltrona grazie a immagini particolarmente inquietanti. La prima parte funziona davvero molto bene, e tiene incollati allo schermo nonostante non accada praticamente nulla. Quando però tutto inizia ad andare esattamente come ci si aspettava sin dall’inizio (vere intenzioni della comunità, destino della protagonista, destino di Christian) l’interesse scema verso i lidi del già visto, finendo col rendere poco interessanti anche le riflessioni che si prefiggeva all’inizio (come quella sul fatto che spesso temiamo ciò che non capiamo, o che le tradizioni di molte comunità ci sembrino crudeli solo perchè lontane dalle nostre). Insomma, se a livello stilistico Aster si tiene lontano dagli stereotipi del cinema horror (ad esempio, il suo è un rarissimo film di paura in cui le cose più spaventose avvengono di giorno, alla luce del sole), a livello narrativo finisce col non dire nulla di davvero nuovo. Ottima la fotografia del solito Pawel Pogorzelski. Nonostante una lunghezza già considerevole, il regista ne ha preparato per la versione home-video un Director’s cut di 171′. Idiota sottotitolo italiano che riecheggia quello di un vecchio film di Carpenter.

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