Mad Max – La trilogia

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(Mad Max)

Regia di George Miller

con Mel Gibson (Max Rockatansky), Joanne Samuel (Jessie Rockatansky), Hugh Keays-Byrne (Toecutter), Steve Bisley (Jim Goose), Tim Burns (Johnny the Boy), Roger Ward (Fifi Macaffee), Steve Millichamp (Roop), Geoff Parry (Bubba), Sheila Florance (May).

PAESE: Australia 1979
GENERE: Azione
DURATA: 89’

In un futuro prossimo venturo in cui la violenza è all’ordine del giorno, un manipolo di poliziotti stradali (interceptor) tenta di far rispettare la legge. Tra di loro c’è Max, integerrimo e valoroso. Quando gli sterminano la famiglia, getta il distintivo e va a farsi giustizia da solo.

Girato dall’esordiente Miller con un budget da B- movie (si parla circa 300mila dollari australiani), e considerato, a ragione, il capostipite del filone post apocalittico, è un roboante, cupo, violentissimo action movie su strada che, almeno per quanta riguarda l’ambientazione, ha segnato un’epoca. Le assolate, deserte highways australiane servono al regista, anche sceneggiatore, per portare in scena un futuro già in disfacimento, impregnato di sangue e benzina, una sorta di giungla di sabbia e asfalto in cui la società si è sgretolata e a vincere sono i cattivi. La secca ed originale regia di Miller, il montaggio frenetico di Cliff Hayes e Tony Patterson, le musiche di Brian May (NON è il chitarrista dei Queen), ne fanno un film dal ritmo indiavolato, veloce e su di giri come un’auto da corsa. Pieno di trovate visive e sonore, ha nel talento visionario di Miller la sua carta vincente. A convincere meno sono la trama (scontata, forzata, a tratti “stupidotta”) e il messaggio finale (in un mondo senza regole, l’unica giustizia possibile è quella privata). Ovvero, la gara tra il Miller regista e il Miller sceneggiatore la vince il primo. È, in fin dei conti, un’ennesima variazione sul tema del vendicatore che si fa giustizia da solo, e il sadismo compiaciuto di alcuni passaggi, insieme ad alcune trovate discutibili (più il cattivo si macchierà di colpe orribili, più lo spettatore giustificherà la vendetta del buono) ne fanno un film di vago sapore reazionario. A livello visivo, comunque, non si discute. Alcune immagini di violenza quasi insostenibile, anche perché mai stemperata dall’ironia, portarono i distributori a vietarlo ai minori di 18 anni. Trampolino di lancio per Gibson, che riprenderà i panni di Max nei successivi Interceptor – Il guerriero della strada (1981) e Mad Max oltre la sfera del tuono (1985), entrambi ancora di Miller.

Voto__________________________________________________________

Interceptor – Il guerriero della stradaroad

(The Road Warrior)

Regia di George Miller

con Mel Gibson (Max Rockatansky), Mike Preston (Pappagallo), Bruce Spence (Capitano Gyro), Virginia Hey (Alba), Emil Minty (Kid), Kjell Nilsson (Lord Humungus), Max Phipps (Toadie), Vernon Wells (Wez), William Zappa (Zetta), Arkie Whiteley (Luba).

PAESE: Australia 1981
GENERE: Fantascienza
DURATA: 92’

In un mondo devastato dalla guerra nucleare, i pochi sopravvissuti lottano senza esclusione di colpi per procacciarsi l’ultima benzina rimasta. Tra di loro c’è anche Max, che questa volta si allea con una comunità di superstiti che estraggono e raffinano il petrolio…

Secondo capitolo della saga, messo in cantiere subito dopo il grande, inaspettato successo del primo. Sbrigate nell’incipit le questioni relative ai motivi dell’apocalisse (che nel primo erano solo suggerite), Miller scaraventa il suo antieroe in un futuro prossimo che somiglia ad un nuovo medioevo, in cui le frecce sostituiscono le pistole, le terre prendono l’appellativo di “perdute” e il cattivo si fa chiamare “sovrano”. E le strade non portano più in nessun posto. Maggiore violenza, ma anche maggiore ironia. Rispetto al capostipite ci sono meno inseguimenti, meno frenesia e il ritmo è più blando, ma la sceneggiatura è migliore, come migliore è la galleria di personaggi (indimenticabile l’elicotterista). La paura dello stupro da parte dei selvaggi, il formato panoramico e l’asciutta recitazione di Gibson, in pieno stile Clint Eastwood, spostano il baricentro del film verso il western post moderno. E non mancano riflessioni sociologiche, come ad esempio quella sulla benzina motore del (nuovo) mondo (chi ha il petrolio ha il potere, proprio come oggi). Alcune scelte (i cattivi sono tutti punkettoni folli, reietti, deviati, omosessuali) sono discutibili, così come sono discutibili alcune trovate non troppo oneste nei confronti dello spettatore (la fine del cane). La prima parte è godibilissima, la seconda diventa prolissa nella sua esagerata e inverosimile miscela di azione e violenza. Personaggi monodimensionali come manco nei cartoni animati, musiche ancora di Brian May. Regia impeccabile, come sempre, anche se qui la differenza la fanno stunt man, cascatori, addetti agli esplosivi. Seguito da Max Max oltre la sfera del tuono.

Voto__________________________________________________________

Mad Max oltre la Sfera del Tuonourl

(Mad Max Beyond Thunderdome)

Regia di George Miller, George Ogilvie

con Mel Gibson (Max Rockatansky), Tina Turner (Aunty Entity, la regina), Angry Anderson (Ironbar), Frank Thring (Il collezionista), Angelo Rossitto (Master), Paul Larsson (The Blaster), Bruce Spence (Jedediah, il pilota), Adam Cockburn (Jedediah Jr.).

PAESE: USA, Australia 1985
GENERE: Fantascienza
DURATA: 106’

Senza macchina e derubato pure dei suoi cammelli, “Mad” Max arriva nella cittadina di Battertown, dove viene costretto, per volere della regina, a lottare contro un colossale guerriero. Quando si rifiuta di uccidere il nemico vinto (perché lo scopre affetto dalla sindrome di down), viene abbandonato nel deserto. Qui lo aiuteranno un gruppo di orfani in cerca di un posto migliore…

Terzo capitolo della saga, probabilmente il migliore. Ampliando il tema centrale del secondo capitolo (quello di un futuro che torna al medioevo, in cui le gang sono più simili a delle tribù), Miller – stavolta in coppia con Ogilvie – mette la parola fine ad una delle saga più famose del cinema post apocalittico. Rispetto a Interceptor e a Il guerriero della strada diminuiscono la violenza e la cupezza di fondo, ma vi fanno capolino le psicologie (nel secondo totalmente assenti) e un barlume di ottimismo. L’unica speranza è affidata ai bambini, ovvero a coloro che non hanno conosciuto il mondo PRIMA dell’apocalisse e possono quindi adattarsi a questo. La storia è a dir poco avvincente, scorrevole e ricca di trovate, e questa volta la sceneggiatura (di Miller con Terry Hayes) sostiene alla perfezione un talento registico potente e visionario che concepisce immagini di fortissimo impatto emotivo. Se nei primi due la gara tra il Miller regista e il Miller sceneggiatore la vinceva il primo, questa volta siamo davanti ad un sostanziale pareggio. E il film ci guadagna. Resta uno dei post apocalittici più riusciti e compatti di sempre, copiato, plagiato (soprattutto dai b-movies italici), omaggiato migliaia di volte. Capace di riflettere in modo profondo su chi siamo e dove stiamo – ahinoi – andando a finire. Per la prima volta, si vedono gli effetti della guerra atomica su una città che esiste (Sydney). Superprova della cantante Tina Turner, che piazza in colonna sonora la sua We don’t need another hero. Spence, il pilota di elicotteri del secondo film, torna con un altro personaggio, mentre in colonna sonora sparisce Brian May, sostituito da Maurice Jarre. Come ne Il guerriero della strada, la fotografia è del bravissimo Dean Semler. Da vedere.

Voto

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