Il mio nome è Nessuno

Regia di Tonino Valerii [e Sergio Leone]

con Terence Hill (Nessuno), Henry Fonda (Jack Beauregard), Jean Martin (Sullivan), Piero Lulli (Sceriffo), Mario Brega (Pedro), Mark Mazza (Don John), Benito Stefanelli (Porteley), Alexander Allerson (Rex), Tommy Polgar (Juan), Angelo Novi (Barista), R. G. Armstrong (Honest John), Karl Braun (Jim), Franco Agrisano (Ferroviere), Geoffrey Lewis (Leader del Mucchio Selvaggio).

PAESE: Italia 1973
GENERE: Western
DURATA: 117’

Vecchio pistolero in partenza per l’Europa viene spinto da un ammiratore – che si fa chiamare Nessuno – a compiere un’ultima, spettacolare impresa che lo faccia entrare nella storia…

Scritto da Ernesto Gastaldi partendo da un’idea di Sergio Leone (che diresse anche alcune sequenze), è un western crepuscolare che segnala l’incontro tra due mondi differenti, tra due diverse concezioni di uno stesso genere incarnate dalla presenza di due attori scelti non a caso: Henry Fonda, che divenne famoso coi western “classici” di Ford, e Terence Hill (vero nome: Mario Girotti), che aveva da poco inaugurato (con il compagno Bud Spencer) il filone dei Lo chiamavano Trinità, western fracassoni che tendono alla comicità. In mezzo, a fare da arbitro al “duello”, il cinema rivisitato e demistificatorio dello stesso Leone. Forse non molto interessante sul piano tecnico- formale (la narrazione è sfilacciata, le parentesi comiche qualche volta stonano, le singole parti non sono ben amalgamate col tutto, la regia di Valerii ricerca l’epica ma non sempre la trova), il film resta comunque un caposaldo del genere per il suo retroterra malinconico e fortemente critico: l’eroe “classico”, per poter entrare nella Storia, è costretto ad inscenare uno “spettacolo” vero e proprio, in cui egli deve recitare la propria parte sotto il comando di un personaggio- demiurgo (Nessuno) che si avvicina concettualmente alla figura del regista. La riflessione sul rapporto tra il west e la sua “dovuta”, ricercata spettacolarizzazione (l’America non conosce altra mitologia se non quella della frontiera) si fa più esplicita rispetto ai western di Leone, e pur non essendo del tutto nuova (si pensi a L’uomo che uccise Liberty Valance di John Ford, 1962), si fa affascinante per il suo taglio “politico”, critico, ironico, fortemente simbolico. Sicuramente è di essa che si ricorderà Clint Eastwood nel 1992, quando girerà il suo capolavoro, Gli Spietati.

Nel duetto di testa funziona meglio il vecchio Fonda, imperturbabile e “maledetto”, rispetto al giovane Hill, che porta al film smorfie, versacci e sganassoni cui manca solo la stazza di Bud Spencer. Le sequenze dirette da Leone – le migliori, quelle che davvero raggiungono l’epica – non sono difficili da individuare: il prologo dal finto barbiere, la sfida coi bicchieri e l’orinatoio. Valerii non è comunque il primo che passa, e lo dimostra per come usa il ralenti, la velocizzazione e il fermo immagine in modo talvolta ironico, talvolta mitico, sempre comunque peckinpahiano. Il nome del regista americano appare su una tomba: fu un’idea promossa da Leone dopo uno screzio con l’autore di La ballata di Cable Hogue. Che, comunque, è affine a questo film per diversi temi: l’arrivo del progresso e la fine dell’onore, la mitizzazione ossessiva della violenza, la vena misogina dei personaggi (non appare una ragazza in tutta la pellicola). E la banda di cattivi, guarda un po’, si fa chiamare “il mucchio selvaggio”. Molto bella la scena al cimitero, forse la migliore del film, e fortemente emblematiche nel loro simbolismo (spettacolo = posticcio) quelle nel Luna Park. Musiche azzeccate di Morricone, che mescolano temi tipicamente western alla Cavalcata delle Valchirie di Wagner. Grande successo di pubblico e almeno un dialogo entrato nella storia: Jack: “Nella vita ho incontrato di tutto, ladri, assassini, preti e preti spretati, ricattatori, ruffiani, perfino qualche uomo onesto, ma uomini soltanto mai”. Nessuno: “Proprio di quelli parlo, non si incontrano quasi mai, ma sono gli unici che contano”.

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Una risposta a Il mio nome è Nessuno

  1. giorgio scrive:

    anche la scena del biliardo non è niente male!

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