Green Book

(Green Book)

Regia di Peter Farrelly

con Viggo Mortensen (Tony Lip Vallelonga), Mahershala Ali (Don Shirley), Linda Cardellini (Dolores Vallelonga), Mike Hatton (George), Dimiter D. Marinov (Oleg), Don Stark (Jules Podell), Sebastian Maniscalco (Johnny Venere), Brian Stephanek (Graham Kindell).

PAESE: USA 2018
GENERE: Commedia drammatica
DURATA: 130′

New York, 1962. Il buttafuori italo-americano Tony Lip, rozzo e razzista, accetta di fare da autista al pianista afroamericano Don Shirley, ingaggiato per una tourneé nel profondo sud degli States. Impareranno a conoscersi e a rispettarsi nonostante i pregiudizi che accompagnano entrambi.

Primo film solista di Farrelly, già maestro d’umorismo demenziale col fratello Bobby (loro i celeberrimi Tutti pazzi per Mary e Io, me e Irene), anche sceneggiatore con Brian Hayes Currie e Nick Vallelonga, nipote di Tony. Il film, tratto da una storia vera, si muove essenzialmente su due versanti, quello della commedia e quello della denuncia sociale: quello della commedia è strutturato alla perfezione, e il merito è dei due straordinari interpreti – un Mortensen ingrassato e sempre irresistibilmente sopra le righe e un Ali elegante e sofferto sempre sotto – e dei dialoghi eccezionali; quello della denuncia sociale è onorevole anche se un po’ scontato, così come un po’ scontata (o forse sarebbe più corretto dire prevedibile) è la trama, che dal primo minuto svela già dove andrà a parare. C’è però una grande trovata: il fatto che Shirley suoni per ricchi bianchi che lo idolatrano come pianista ma che non gli consentono di cenare con loro né di utilizzare le loro toilette, cosa significa? Il suo è coraggio di sfidare i pregiudizi per cambiare le cose da “dentro” o passiva accettazione del suo status, quello di fenomeno da baraccone nero che titilla il pubblico bianco? Un grande dialogo, verso il finale, risponde a questa questione. A livello comico, almeno due grandi trovate: quella delle lettere che Tony scrive alla moglie e quella della pistola.

Film didattico? Certo, ma anche onesto e necessario. Nazional-popolare? D’accordo, ma non è sempre un male. La vittoria agli Oscar come miglior film è più “politica” che “artistica” come ha sostenuto qualcuno? Se si guarda agli altri candidati – su tutti Roma di Cuaron – viene da dire: in parte forse si. Ma qualche volta val bene anche un Oscar politico che indichi la strada giusta a un mondo (quello occidentale, in mano ai Trump, agli Orban e ai Salvini) che sembra averla smarrita. Altri due Oscar: Ali (che l’aveva già vinto per Moonlight) e sceneggiatura originale. Lo avrebbe meritato anche Mortensen, battuto dalla gigantesca performance di Rami Malek in Bohemian Rhapsody. Tra i produttori figura anche l’attrice Octavia Spencer, da sempre attivamente impegnata sui diritti dei neri e delle donne. Il Negro Motorist Green-Book, che da il titolo al film ed è spesso consultato da Tony, è stata una guida annuale pubblicata dal newyorchese Victor Hugo Green che segnalava ai viaggiatori di colore in quali luoghi alloggiare per non incorrere in problemi legati alla discriminazione razziale. Capolavoro? No. Film DA VEDERE? Assolutamente si.

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