Catch .44

(Catch .44)Locandina

Regia di Aaron Harvey

con Malin Akerman (Tes), Forest Whitaker (Ronnie), Bruce Willis (Mel), Deborah Ann Woll (Dawn), Nikki Reed (Kara), Brad Dourif (Sceriffo Connors), Michael Rosenbaum (Brandon), Shea Whigham (Billy), Edrick Browne (Devon), P. J. Marshall (agente Elmore), Jill Stokesberry (Francine), Ivory Dortch (cameriera).

PAESE: USA 2011
GENERE: Nero
DURATA: 94’

Perché tre belle ragazze stanno rapinando una tavola calda sperduta tra le paludi della Louisiana? Perché il loro boss, un tale che si fa chiamare Mel, le ha spedite in quel postaccio? E, soprattutto, chi è l’omone di colore che si sta lasciando dietro un’impressionante scia di sangue innocente?

Scritto e diretto dal quasi esordiente Harvey (ha girato soltanto un horror low budget nel 2007, inedito in Italia), è un piccolo noir indipendente dai modelli illustri: il Tarantino di Grindhouse (dialoghi fatui tra donne, fermo immagine per presentare i personaggi, sbreghi sulla pellicola a ricordare i B-movie di una volta, continui salti avanti e indietro nel tempo, mexican stand-off*), il Cronenberg di A history of violence (nella rappresentazione iperrealistica della violenza),  i primi Coen (la sobrietà nell’affrontare il caos), Lynch (attimi riflessivi e stranianti). Quasi tutto è già visto, insomma, ma Harvey riesce a presentare le sue carte senza mai scoprirle troppo (si inizia a capire qualcosa ad un’ora di film), e il risultato è un buon film incentrato su una suspense che funziona. La seconda parte è la migliore, così poco hollywoodiana nella sua fragorosa esplosione di sangue e amore, violenza e nichilismo. L’ambientazione in una Louisiana deserta e sperduta (non priva di rimandi alle devastazioni dell’uragano Katrina), l’estro visionario nel riprendere l’immobilità irreale degli edifici solitari, la capacità di sfruttare la notte come “momento indefinito al di fuori dal tempo”, sono elementi che ne fanno un film anomalo e superiore alla media, ben recitato da una squadra di attori quasi tutti presi in controparte. E, paradossalmente, alcune trovate filmiche di maniera come le citate bruciature sulla pellicola, vengono utilizzate in maniera originale, ad esempio per sottolineare i salti nel tempo. Ottimo lavoro fotografico di Jeff Cutter e strepitosa colonna sonora in bilico tra rock e blues (Audra Mae, Sweet, The Debonettes, Mac Wiseman, The Raveonettes). Memorabile la scena in cui le tre ragazze, in auto, ascoltano una canzone incisa da… Bruce Willis (!), che – in pochi lo sanno – negli anni ottanta registrò alcuni dischi di rhythm and blues con la sua band The Accelerators. Il titolo si ispira a Catch 22 (in italiano Comma 22), titolo di un romanzo di Joseph Heller del 1961 divenuto espressione corrente per identificare un enigma, un paradosso, un circolo vizioso. In Italia è uscito direttamente in Dvd.

*In realtà salti temporali e mexican stand-off non ci sono in Grindhouse, ma sono presenti in quasi tutta la filmografia di QT.

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