Appaloosa

(Appaloosa)

Regia di Ed Harris

con Viggo Mortensen (Everett Hitch), Ed Harris (Virgil Cole), Renée Zellweger (Allie French), Jeremy Irons (Randall Bragg), Lance Henriksen (Ring Shelton), Timothy Spall (Phil Olson), Ariadna Gil (Katie), James Hammon (Earl May), Tom Bower (Abner Raines), Timothy V. Murphy (Vince), Bob L. Harris (Giudice Elias Callison), Gabriel Marantz (Joe Whittfield), Corby Griesenbeck (Charlie Tewksbury), Cerris Morgan-Moyer (TIlda).

PAESE: USA 2008
GENERE: Western
DURATA: 114′

1883. Nel piccolo villaggio di Appaloosa arrivano i pistoleri Virgil Cole e Everett Hitch, avventurieri che di mestiere fanno i “portatori di pace”. Devono arrestare l’arrogante Bragg, ranchero che ha ammazzato il precedente sceriffo e i suoi due vice. Così, mentre Cole si innamora della ninfomane Allie, Everett tenta in ogni modo di proteggere il vecchio amico, divenuto vulnerabile per amore e sempre più convinto di arrestare Bragg con ogni mezzo. Ma sarà proprio Everett ad infrangere la legge per fermare il nemico, graziato dal presidente USA perché suo parente.

Tratta da un romanzo di Robert B. Parker e sceneggiata dal regista con Robert Knott, la trama della seconda regia dell’attore Harris – dopo il sottovalutato Pollock (2000) – è quanto di meno originale si possa trovare in un film western. L’equilibrio tra le influenze fordiane e le rivisitazioni post moderne (da Costner a Eastwood, per intenderci) sviluppa un intreccio già visto migliaia di volte: gli uomini “di pace”, soli contro tutti, l’amicizia virile, gli indiani, l’innamoramento di un duro per una bella, la codardia degli abitanti del west, il bisogno di costruire per affermare un’identità patria. Dunque, un film mediocre? Affatto. E per ben più di un fattore: innanzitutto Harris intinge il suo racconto con un’ironia velata che è nuova per il genere, spostando leggermente il punto di vista “classico” dell’eroe solitario verso una sorta di visione distaccata, partecipe ma critica; poi illustra un rapporto ambiguo tra i due personaggi principali: all’inizio Cole viene presentato come un duro e Everett come suo semplice “aiutante”, ma ben presto ci si accorge che Everett è una sorta di angelo custode che protegge l’amico a livelli quasi “romantici” (il sospetto di latente omosessualità è solo suggerito ma lo si scorge); inoltre, Harris è coraggioso nell’affidare la parte femminile ad una donna diabolica, forse malata, in grado di rovinare un’amicizia durata decenni.

E che dire del bellissimo finale, punto forte del film? Possiede una morale lirica e per nulla banale: Everett salva sia la carriera che la storia d’amore – in pratica, gli salva la vita – dell’ingenuo Virgil. Un gesto che diventa epico e sublime se si pensa che, primo, Cole non saprà mai il perché del gesto dell’amico, secondo perché il gesto medesimo interrompe l’amicizia e condanna l’ormai criminale Everett ad un vagabondaggio eterno. La preziosa sceneggiatura offre quindi ottimi spunti di riflessione, senza dimenticare che i dialoghi – specialmente tra Everett e Virgil – sono perfetti, genuini, a tratti dolci, divertenti ma malinconici. Harris regista alterna lunghi passi riflessivi di contemplazione ad altri, inaspettati, carichi di violenza, senza mai perdere il ritmo, dimensione indispensabile per ogni western che si rispetti. La sua regia è classica, ma non si limita mai ad un semplice accompagnamento e si fa partecipe della storia. Le musiche anacronistiche di Jeff Beal colpiscono per lo straniamento, ma forse rappresentano più un difetto che un pregio, mentre la fotografia di Dean Semler assume in qualche passaggio un gusto un po’ troppo manierato. In compenso, molto originale è il montaggio di Kathryn Himoff. Perfetti quasi tutti gli attori: il terzetto maschile di testa è eccelso – Mortensen su tutti – e i caratteristi sono ok (l’attore che interpreta il giudice è il padre del regista). La Zellweger però non riesce a rendere credibile il suo complicato e sfaccettato personaggio. Appaloosa è un western che, come molti altri, evidenzia luci e ombre del prologo della società americana. Ma lo fa con freschezza, passione, uno sguardo nuovo. Bellissimi i titoli di coda.

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