A Serious Man

Regia di Joel Coen, Ethan Coen

con Michael Stuhlbarg (Larry Gopnik), Richard Kind (Arthur Gopnik), Fred Melamed (Sy Ableman), Sari Lennick (Judith Gopnik), Aaron Wolff (Danny Gopnik), Jessica McManus (Sarah Gopnik), Peter Breitmayer (Mister Brandt), Brent Braunschweig (Mitch Brandt), David Kang (Clive Park), Alan Mandell (rabbino Marshak), George Wyner (rabbino Nachtner), Simon Helberg (rabbino Scott), Amy Landecker (Miss Samsky).

PAESE: USA 2009
GENERE: Commedia
DURATA: 105′

1967, St. Louis Park, Minnesota. Il pacioso professore ebreo Larry Gopnik si vede crollare il mondo davanti agli occhi: la moglie chiede il divorzio per fuggire con un amico di famiglia, il figlio ascolta i Jefferson Airplane e si spinella a pochi giorni dal proprio Bar Mitzvah, la figlia più grande gli ruba i soldi dalle tasche per pagarsi una rinoplastica, uno studente coreano lo ricatta e la conturbante vicina prende il sole totalmente nuda. Per tentare di risollevare la propria vita, Larry decide di consultare tre rabbini.

Il 14esimo film dei Coen è, probabilmente, il più autobiografico, un divertente (e divertito) quadro dell’ebraismo colmo di spunti interessanti. La storia di Larry è ricalcata sulla parabola biblica di Giobbe, uomo pio e corretto contro cui Dio scaglia inarrivabili disgrazie per provarne la fede (simbolo del culto dogmatico, che suggerisce di accettare le cose come “insindacabile volere divino”). Con un’autoironia graffiante e malinconica, i Coen raccontano la storia di un ometto “che non hai mai fatto nulla di male” e che quindi non comprende il perché degli accadimenti contro di lui: è anche vero che Larry non agisce, è passivo e distaccato, e pare quasi pigro nel suo accettare tutto senza mai scomporsi. E la risposta finale del rabbino “capo”, che incita il giovane Danny ad ascoltare i Jefferson Airplane per capire il mondo, dimostra che il ruolo dell’uomo è quello di porsi domande, ma anche che sarebbe inutile arrovellarsi per le risposte: le cose accadono e basta, e non possiamo farci nulla (un messaggio tipicamente “coeniano”). Tanto vale dunque vivere e prendere quello che viene. Senza cedimenti “buonisti” o parentesi romantiche, il film fonde un radicale pessimismo di fondo – tipicamente coeniano – con il paradosso di Schrödingher sull’indeterminatezza delle particelle e, in questo caso, degli uomini, sorta di biglie impazzite che corrono nel caos dell’universo e delle relazioni interpersonali, senza dimenticare i rimandi alla cultura ebraica che si respirano per tutto il film (a questo proposito, eccezionale il prologo semi- horror ambientato nell’ottocento e parlato in yiddish).

2425_1Punto cardine della pellicola è, nel bene che nel male, l’umorismo ebraico che accompagna la narrazione: spesso impagabile, talvolta un po’ troppo criptico, soprattutto per chi non conosce da vicino l’ebraismo, un vero e proprio modo di vivere più che un semplice culto religioso. La storia si basa su una solida sceneggiatura che evita sottolineature o eccessive spiegazioni (anche perché il senso del film è che niente ha senso), come dimostra il bellissimo finale in odor di catastrofe naturale, e coinvolge con la sua narrazione fluida ma colma di scarti, digressioni, vuoti. Alcuni passi sono molto divertenti – si pensi alle sequenza col fratello di Larry, ma anche al flashback sul dentista – altri sono di una malinconia che sfiora la tragedia. Ottimi attori, praticamente tutti ebrei, che arrivano dal teatro e sono lontani dal divismo cui ci hanno abituato i registi. Una menzione speciale alla fotografia di Roger Deakins, tornato coi Coen dopo la pausa di Burn After Reading. Un saggio disperato sulle ingiustizie del mondo, da vedere.

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