Cattive acque

(Dark Waters)

Regia di Todd Haynes

con Mark Ruffalo (Robert Bilott), Anne Hathaway (Sarah Bilott), Tim Robbins (Tom Terp), Bill Camp (Wilbur Tennant), Victor Garber (Phil Donnelly), Mare Winningham (Darlene Kiger), Bill Pullman (Harry Dietzler), William Jackson Harper (James Ross), Louisa Krause (Karla).

PAESE: USA 2019
GENERE: Drammatico
DURATA: 127′

Spronato da un allevatore, il giovane avvocato di Cincinnati Robert Bilott inizia ad indagare su alcune insolite morti di animali a Parkesburg, West Virginia. Scopre che i decessi sono dovuti a un massiccio sversamento di prodotti chimici nelle acque di Parkesburg ad opera della società chimica DuPont. Mettendo a repentaglio la sua stessa salute (e rinunciando di fatto ad una luminosa E avviata carriera) fa causa all’azienda.

Ottavo film di Haynes, sceneggiato da Mario Correa e Matthew Michael Carnahan prendendo spunto dall’articolo del New York Times The Lawyer Who Become DuPont’s Worst Nightmare (2016) di Nathaniel Rich, resoconto – reale – della battaglia del giornalista Bilott contro la DuPont colpevole di aver inquinato per anni fiumi e falde acquifere ben conoscendo la pericolosità dei prodotti chimici usati per la lavorazione del Teflon (usato anche per le padelle antiaderenti). Il risultato è un bell’esempio di cinema impegnato come non se ne fa più, lucido e onesto, senza fronzoli o grandi scene madri ma pieno di piccoli, grandi momenti: i particolari dell’amicizia tra Bilott e Tennant, lo stupore del primo nel vedere le persone disposte a farsi esaminare il sangue, il suo incontro con il vero Bucky Bailey, nato con delle malformazioni perché sua madre lavorava alla DuPont, il finale asciutto ma carico di pathos. Avvincente come un thriller, eppure sempre credibile e stilisticamente sobrio, è un elogio alla giustizia in una società corrotta e, più o meno velatamente, un attacco frontale al capitalismo, nel nome del quale la DuPont fa quello che fa (ovvero sacrificare i cittadini per preservare il profitto più alto). Il discorso sul protagonista che rischia salute e famiglia per perseguire il proprio scopo non è nuovo, così come non è nuovo quello su Davide che cerca di battere Golia in tribunale (vedi A civil action, The Rainmaker, il recente Il caso Spotlight che con Dark Waters ha in comune, oltre che gli intenti di denuncia, produttori e attore protagonista), ma il film evita qualsiasi sbavatura retorica o filo-patriottica (del tipo “le aziende sbagliano ma l’America resta grande”), riuscendo a diventare una parabola universale su un tema caldissimo (quello dell’ambiente). Memorabile prova di Ruffalo (non solo recitativa: è anche uno dei produttori) nei panni di un wasp che rinuncia a tutto (soldi, amicizia, carriera) per difendere gli ultimi, o comunque coloro che non difende mai nessuno. Funzionale fotografia di Edward Lachman, grigiastra come acqua inquinata. Sui titoli di coda Johnny Cash canta la mitica I won’t back down di Tom Petty: “no, non cederò, no, non mi tirerò indietro. Puoi anche aspettarmi alle porte dell’inferno, ma non mi tirerò indietro”.

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