Tutte le ore feriscono… l’ultima uccide

(Le Deuxieme Souffle)

Regia di Jean-Pierre Melville

con Lino Ventura (Gustave “Gu” Minda), Paul Meurisse (commissario Blot), Raymond Pellegrin (Paul Ricci), Christine Fabréga (Manouche), Marcel Bozzuffi (Joe Ricci), Paul Frankeur (ispettore Fardiano), Denis Manuel (Antoine Ripa), Pierre Grasset (Pascal), Michel Constantine (Alban), Pierre Zimmer (Orloff).

PAESE: Francia 1966
GENERE: Noir
DURATA: 150′

Dopo essere evaso di prigione (sequenza straordinaria), il bandito Gustave Minda detto Gu progetta un ultimo colpo prima di fuggire in Italia con la bella Manouche. Quando la polizia lo arresta e mette in giro la voce che sia uno “spione”, per Gu salvaguardare il proprio onore diventa più importante della sua stessa vita.

Dal romanzo di Josè Giovanni, anche sceneggiatore col regista, uno dei film più noti e apprezzati di Melville, secondo molti il punto più alto della sua carriera. I personaggi non si dividono più in buoni e cattivi (tra guardie e ladri sembra non esserci molta differenza) ma tra uomini e uomini d’onore, e può anche capitare che questi ultimi lottino su fronti diametralmente opposti (come accade a Gu e al commissario Blot). È un western moderno e crepuscolare che viaggia sul filo di una sottile e fertile ambiguità, un perfetto esempio di poliziesco asciutto e serrato, classico nell’andatura ma pieno di divagazioni, dilatazioni temporali, inattesi simbolismi (le formiche, le partite a bocce). Melville prosciuga il noir all’americana e punta all’essenziale, con una narrazione perfetta nell’alternare sospensione ed esplosione e una capacità – rara per il genere – di scavare a fondo nelle psicologie dei personaggi attraverso i loro gesti. Dura due ore e mezza, eppure non c’è un’inquadratura di troppo, non c’è un solo momento che non sia asservito allo scopo, che è poi in fondo quello di tratteggiare un’ennesima parabola sulla solitudine umana, vero letimotif dell’intera filmografia del regista. Memorabile Ventura, alle prese con un personaggio indimenticabile, sconfitto su tutti i livelli eppure così colmo di dignità. L’inquadratura in cui Gu e Blot si incontrano, nel finale, per la prima volta, è stata ripresa da Michael Mann nella conclusione del suo Heat – La sfida, film che deve moltissimo a questo sia in termini di forma che di contenuto. Straordinaria fotografia di Marcel Combes che, a suon di iperrealismo, sfocia nell’onirico. Il titolo originale significa il secondo respiro, quello italiano, nonostante sembri uscito da un poliziottesco degli anni settanta, fa in realtà riferimento a una massima di Seneca il vecchio: omnes feriunt, ultima necat. Imperdibile.

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