L’isola dei cani

(Isle of the Dogs)

Regia di Wes Anderson

con le voci di Bryan Cranston (Chief), Koyu Rankin (Atari Kobayashi), Edward Norton (Rex), Bob Balaban (King), Bill Murray (Boss), Jeff Goldblum (Duke), Kunichi Nomura (sindaco Kobayashi), Akira Takayama (maggiore Domo), Greta Gerwig (Tracy Walker), Liev Schreiber (Spots), Harvey Keitel (Gondo), Frances McDormand (interprete), Scarlett Johansson (Nutmeg), Akira Ito (professor Watanabe), F. Murray Abraham (Jupiter), Tilda Swinton (Oracle), Yoko Ono (Yoko Ono), Courtney B. Vance (narratore).

PAESE: USA, Germania 2018
GENERE: Animazione
DURATA: 101′

In un futuro non troppo lontano, i cani della città orientale di Megasaki sono colpiti da una terribile influenza canina. Per evitare che il morbo si trasmetta anche agli umani, il governo ordina che tutti gli animali – malati e non – siano deportati su un’isola di immondizia al largo delle coste cittadine. Sei mesi dopo il dodicenne Atari, pupillo del sindaco di Megasaki, raggiunge l’isola dei cani per ritrovare l’amato Spots, primo cane ad essere deportato. Qui trova l’aiuto di alcune bestiole capitanate dal randagio Chief, ma deve fare i conti con il piano finale del governo che vuole eliminare definitivamente gli animali…

Nono film di Anderson, il primo basato su una distopia, il secondo realizzato con la tecnica dello stop-motion dopo il pregevole Fantastic Mr. Fox del 2009. Da un’idea del regista con Roman Coppola, Jason Schwartzman e Kunichi Nomura, una memorabile storia d’amicizia che nasconde molte acute riflessioni sul mondo di oggi. Per ottenere (e mantenere) il potere si sfrutta la paura verso un nemico immaginario, scelto a tavolino tra le minoranze che non possono protestare nè far valere i propri diritti, in questo caso i cani. Sostituite ai cani gli immigrati e avrete un resoconto dettagliato su come le destre di oggi hanno preso il potere e guadagnato consensi più o meno in tutto il mondo. Chi usa la ragione (nel film il “partito della scienza”) viene ridicolizzato e reso innocuo, chi esce dal coro è tacciato di buonismo e ipocrisia. Dopo anni di cani bistrattati o morti male (un elemento presente in quasi tutti i film di Anderson, spesso associato alla dolorosa maturazione dei protagonisti), il regista rende giustizia al miglior amico dell’uomo con una straordinaria fiaba a passo uno che alterna tenerezza e crudeltà, grandi risate e momenti di autentica commozione. E stavolta i cattivi sono i gatti, aristocratici e indifferenti.

Ricco di invenzioni, pieno di trovate narrative e scenografiche, il film è una gioia per gli occhi e per il cuore. La regia geometrica e dalla maniacale prospettiva centrale di Anderson si sposa alla perfezione con le armoniose simmetrie delle architetture orientali, mentre la fotografia di Tristan Oliver (già responsabile di Fantastic Mr. Fox) regala una ricchezza cromatica senza precedenti. La sceneggiatura di Anderson mescola echi di Orwell, Carpenter, Welles e Kurosawa, ma nonostante i modelli illustri il risultato finale è assolutamente personale, unico, difficilmente riconducibile a qualcosa di già visto. E il particolarissimo umorismo del regista, oramai un marchio di fabbrica, raggiunge qui vette qualitative degne di Chaplin (sul versante slapstick) e dei fratelli Marx (sul versante dei dialoghi). In mezzo alla suggestiva colonna sonora tambureggiante di Alexandre Desplat spunta la meravigliosa I Won’t Hurt You dei West Coast Pop Art Experimental Band. Film imperdibile, uno dei più belli del regista texano.

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