Pinocchio (2002)

Regia di Roberto Benigni

con Roberto Benigni (Pinocchio), Nicoletta Braschi (La Fatina), Carlo Giuffrè (Geppetto), Beppe Barra (Grillo Parlante), Bruno Arena (La volpe), Max Cavallari (il Gatto), Kim Rossi Stuart (Lucignolo), Franco Javarone (Mangiafuoco), Luis Molteni (L’omino di burro), Alessandro Bergonzoni (direttore del Circo), Corrado Pani (giudice), Mino Bellei (Medoro), Andrea Nardi (Giangio), Tommaso Bianco (Pulcinella), Stefano Onofri (Arlecchino).

PAESE: Italia 2002
GENERE: Fantastico
DURATA: 106′

Dal romanzo (1881 – 1882) di Carlo Collodi. Appena scolpito, il burattino di legno Pinocchio fugge dal babbo Geppetto e ne combina una dietro l’altra, fregandosene dei consigli del Grillo Parlante e non apprezzando troppo le cure della Fata dai capelli turchini. Si ritroverà trasformato in asino, e dovrà finire nella pancia di un pescecane per potersi ricongiungere con l’amato babbo e, forse, diventare un bambino vero…

Settimo film di Benigni che, dopo l’immane successo – e gli Oscar – di La vita è bella (1997), potè contare su un budget mai visto, soprattutto per il cinema italiano (si parlò di 45 milioni di euro, 28 settimane di riprese, 8 mesi di post-produzione), e sull’appoggio incondizionato di Miramax, che curò anche la distribuzione negli Stati Uniti dove però fu stroncato da pubblico e critica. In Italia andò meglio in sala ma non convinse quasi nessuno, e i motivi sono davanti agli occhi di tutti. Questo Pinocchio è un film sbagliato sin dalle fondamenta: nelle scelte di cast (Benigni cinquantenne non è credibile nei panni di Pinocchio, e il suo modo di recitare imitando la voce di un bambino è fastidioso; la Braschi/Fatina è imbarazzante, Giuffrè/Geppetto sembra svogliato e fuori parte, Stuart/Lucignolo è così sopra le righe da far venire i nervi), nella sceneggiatura di Benigni e Cerami che non riesce in nessun modo a restituire la carica libertaria e anti-autoritaria di Collodi, nella messa in scena lambiccata e posticcia che non riesce a sfruttare in maniera poetica gli ottimi contributi tecnici (fotografia di Dante Spinotti, musiche di Nicola Piovani, scene e costumi di Danilo Donati, quest’ultimo premiato con due David di Donatello). Nessuno mette in discussione la sincerità del comico toscano, ma questa volta probabilmente ha peccato un po’ di presunzione, magari perché galvanizzato dal successo internazionale del film precedente. Le uniche cose che si salvano sono i Fichi d’India nei panni del Gatto e della Volpe e il finale in cui l’ombra si “stacca” da Pinocchio. Nel 2019, 17 anni dopo questo film, Benigni ha ritrovato Collodi nell’ottimo Pinocchio di Garrone, che lo ha scelto come nuovo Geppetto.

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