Joker

(Joker)

Regia di Todd Phillips

con Joaquin Phoenix (Arthur Fleck), Robert De Niro (Murray Franklin), Zazie Beetz (Sophie Dumond), Frances Conroy (Penny Fleck), Brett Cullen (Thomas Wayne), Glenn Fleshler (Randall), Bill Camp (ispettore Garrity), Shea Whigham (ispettore Burke), Marc Maron (Gene Ufland).

PAESE: USA 2019
GENERE: Drammatico
DURATA: 123’

In una Gotham City degli anni ottanta sporca e degradata, l’aspirante comico Arthur Fleck vorrebbe sfondare nel cabaret ma è prigioniero di una patologia mentale che lo rende tremendamente instabile. Quando perde il lavoro e i servizi sociali chiudono per mancanza di fondi, scivola nella follia.

Dopo i clamorosi insuccessi dei prodotti precedenti (Batman v. Superman, Suicide Squad, Justice League), DC Comics smette di imitare – male – la Marvel e cambia decisamente registro: sceglie come protagonista uno dei villain più amati di sempre, ne riscrive le origini e punta, più che sull’azione, sugli aspetti drammatici e psicologici offerti dal personaggio. Ne esce un film coraggioso, disturbante e di grande fascino, in grado di riflettere in maniera intelligente sulla malattia mentale e su come viene percepita dalla società. Joker smette di essere un supercriminale e un fine genio del crimine e diventa uno dei tanti sfigati che prendono botte (metaforicamente e non) per tutta la vita e, a un certo punto, esplodono. Come? Facendo una strage. Che è poi quello che spesso accade in America da una ventina di anni a questa parte. “Cosa ottieni se metti insieme un malato di mente solitario e una società che lo abbandona?”, chiede Arthur a Murray. La risposta: esattamente ciò che accade nel film. Il modello di Phillips non è la mitologia dei fumetti ma lo Scorsese di Re per una notte (1983) e Taxi Driver (1976), dei quali riprende alcune trovate narrative e molti temi: l’alienazione, l’ossessione di diventare qualcuno attraverso i media, il bisogno di urlare al mondo la propria esistenza attraverso un atto violento, il giustiziere che diventa eroe. Trasportandoli in un’America anni ottanta becera e senza cuore che somiglia pericolosamente a quella del 2019. La filmografia di Phillips (Una notte da leoni, Parto col folle) non è propriamente quella di un nuovo Kubrick (ma nemmeno, volando più basso, di un nuovo Nolan), eppure questa volta – forse perché il film è quasi totalmente SUO (è anche produttore e sceneggiatore con Scott Silver) – il suo stile si eleva decisamente da quello dei prodotti coevi. La frase simbolo del film (“ho sempre pensato alla mia vita come a una tragedia, ora vedo che è una commedia”) si può applicare, capovolta, al suo percorso registico: ha sempre scelto la commedia, ma è con una tragedia che si è superato.

E se il modo credibile in cui si ricollega alla mitologia di Batman e la capacità di rivoltare i luoghi comuni sono meriti del Phillips sceneggiatore, l’abilità nell’alternare i momenti riflessivi alle esplosioni di violenza e lo stile un po’ intimista un po’ visionario sono farina del sacco di un grande regista. Cui va riconosciuto anche il merito di aver scommesso su un grande attore: dimagrito derubato, calpestato odiato, Phoenix è impressionante per come riesce a far convivere sullo stesso volto il riso (la malattia mentale) e il pianto (la malattia sociale) regalandoci un Joker reietto, sconfitto su tutti i livelli, mai così inquietante e polimorfico. Il Joker di Nicholson/Burton era un villain borghese e consapevole di sè, quello di Ledger/Nolan un proletario folle ma geniale e calcolatore; quello di Phoenix è un sottoproletario ignorante, malato e assolutamente senza controllo, cui manca persino la consapevolezza di ciò che le sue azioni generano. Memorabile la colonna sonora che, in maniera originale e irriverente, mescola i brani originali della compositrice islandese Hildur Guonadottir con pezzi di Frank Sinatra, Gary Glitter, Cream. Fotografia funzionale e suggestiva di Lawrence Sher. La voce italiana del protagonista è di Adriano Giannini, che aveva già doppiato (in maniera molto diversa, dunque complimenti anche a lui) il Joker di Ledger. Due premi Oscar, entrambi meritati: miglior colonna sonora e, ovviamente, miglior attore protagonista. Chi sostiene che l’altro grande premio portato a casa dal film (il Leone d’Oro a Venezia) sia il simbolo di un’apertura del cinema d’alto livello verso i film sui supereroi dimentica un aspetto fondamentale: Joker NON è un film sui supereroi. È un film sul tramonto del sogno americano. Forse anche per questo la critica USA non è stata per niente buona con esso. Un film potentissimo.

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