Stranger Things – Stagione 3

(Stranger Things 3)

Regia di registi vari

con Winona Ryder (Joyce Byers), David Harbour (Jim Hopper), Finn Wolfhard (Mike Wheeler), Millie Bobbie Brown (Undici), Gaten Matarazzo (Dustin), Caleb McLaughlin (Lucas), Sadie Sink (Max), Natalia Dyer (Nancy Wheeler), Charlie Heaton (Jonathan Byers), Joe Keery (Steve Harrington), Maya Hawke (Robin), Priah Ferguson (Erica Sinclair), Dacre Montgomery (Billy),  Cara Buono (Mrs Wheeler), Jake Busey (Bruce Lowe), Alek Utgoff (Aleksei), Brett Gelman (Murray Bauman), Cary Elwes (Sindaco Kline).

PAESE: USA 2019
GENERE: Fantastico
DURATA: 50′ – 67′ (episodio)

Hawkins, 1985. Mentre Mike e Undici vivono i primi sussulti amorosi (mandando su tutte le furie Hopper), una nuova minaccia sembra calare sulla città: il Mind Flyer, impossessatosi di Billy, inizia a mietere vittime e a comporre una terribile creatura che sembra ossessionata da Undici e dai suoi poteri…

Presto o tardi, c’è un momento in cui le saghe di successo si ritrovano davanti ad un bivio: proseguire sulla falsariga dei capitoli precedenti o concepire una svolta che rinfreschi la serie? Entrambe le scelte sono rischiose: la prima rischia di portare gli spettatori alla noia, la seconda di allontanare una fetta di pubblico infatuato di ciò che aveva visto fino a quel momento. I fratelli Duffer, creatori di questa apprezzatissima serie targata Netflix, optano per la svolta: i bambini posano le biciclette, smettono di giocare a Dungeons and Dragons e, lasciate le sonnacchiose strade di Hawkins, iniziano a frequentare il mall e a sentire i primi pruriti sessuali. Ci sta, è assolutamente legittimo. Ma non siamo i soli a pensare che, in questo modo, diventa più difficile respirare quella magia Lucasiana-Spielberghiana-Dantiana che aveva reso grandi le prime due stagioni, anche perchè stavolta nemmeno il citazionismo (piuttosto vago, a dire la verità) sembra convincere. Intendiamoci, non mancano grandi momenti e grandi idee. Ad esempio è geniale il fatto che il passaggio dei quattro (+1, anzi +2) dall’infanzia all’adolescenza coincida con un passaggio storico fondamentale per gli States, quello in cui gli ultimi echi della democratica amministrazione Carter (1977 – 1981) lasciano indelebilmente il posto alla repubblican(issim)a amministrazione Reagan che proprio nel concetto del mall, perfetto simbolo del consumismo imperante (avete presente Zombi di Romero?), trova l’apice della propria abietta ideologia capitalista; tutto ben fatto, tutto sacrosanto, ma rispetto alle stagioni precedenti sembra essersi rotto qualcosa.

E che dire dei molti, moltissimi stereotipi (trama non originalissima, eccessivo spazio ai tormenti adolescenziali, russi cattivissimi – nel 1985?! – ma facilmente raggirabili anche dai bambini)? È vero, facevano parte anche di molti film cui Stranger Things si ispira, ma questo non può far perdonare tutto, e soprattutto non può diventare un alibi per giustificare lungaggini inutili, situazioni molto poco verosimili, strutture narrative viste e riviste. Anche i bambini, crescendo, non sono più così simpatici. Memorabile comunque il duetto di Dustin e fidanzatina sulle note di Neverending Story, colonna sonora de La storia infinita. Rimane una serie divertente, emozionante, assolutamente superiore alla media. Ma i fasti delle prime due stagioni, secondo noi, sono lontani.

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