My Architect

(My Architect: A Son’s Journey)

Regia di Nathaniel Kahn

PAESE: USA 2003
GENERE: Documentario
DURATA: 115′

Non è soltanto un documentario sull’opera del geniale architetto Louis Kahn (1901 – 1974), è anche (soprattutto?) la storia di un figlio che va alla ricerca di un padre mai davvero conosciuto: Nathaniel, figlio illegittimo ma riconosciuto (non il solo, c’è anche un’altra sorella) di Kahn, aveva 11 anni quando il padre morì alla Penn Station di NY per attacco cardiaco; 25 anni dopo, decise di scoprire qualcosa di più su quell’uomo così bizzarro visitando i luoghi da lui progettati e intervistando amici, collaboratori, allievi, ex donne, colleghi. Ne esce il ritratto non agiografico di un artista tormentato, attentissimo alla luce naturale e alla geometria delle forme, totalmente dedito al lavoro e molto poco attento alla famiglia (ma sarebbe più corretto dire LE famiglie), spesso osteggiato e criticato per i suoi progetti utopici (e infatti furono più quelli non realizzati che quelli andati a buon fine), incapace di sfruttare il proprio successo economico (ai suoi figli rimasero solo debiti). My Architect è un documentario anomalo per diverse ragioni: innanzitutto, perché colui che lo realizza è un parente stretto del protagonista e ne è attore principale, non soltanto narratore; in seconda istanza (ma strettamente collegata alla prima) perché il regista scopre il padre (sfera privata) raccontando l’architetto (sfera pubblica). Così facendo dimostra, in maniera significativa, che l’architettura (e quindi l’arte) è vita e viceversa. Interessante anche dal punto di vista formale: Kahn (figlio) riprende gli edifici del padre sottolineandone le simmetrie armoniose e le incredibili prospettive, ma si diverte ad interromperne la perfetta geometria con elementi umani “liberi”: bambini che giocano, lui stesso che pattina. È la più bella immagine della sua rivalsa di pargolo abbandonato, che spezza con il gioco la perfezione architettonica dei lavori paterni. Forse un po’ troppo lungo. Il finale non solo raggiunge la poesia e commuove, ma è anche un esempio cristallino di ciò che l’architettura dovrebbe aspirare ad essere

Da non perdere, anche per i non appassionati di architettura.

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