Basic Instinct

(Basic Instinct)

Regia di Paul Verhoeven

con Michael Douglas (Detective Nick Curran), Sharon Stone (Catherine Tramell), George Dzundza (Gus Moran), Jeanne Tripplehorn (Dottoressa Beth Garner), Leilani Sarelle (Roxy), Daniel von Bargen (Marty Nielsen), Denis Arndt (Tenente Philip Walker), Stephen Tobolowski (Dottor Lamott), Dorothy Malone (Hazel Dubkins), James Rebhorn (Dottor McElweine), Wayne Knight (John Corelli).

PAESE: USA 1992
GENERE: Thriller erotico
DURATA: 125’

Nick Curran, detective dal passato tormentoso (ex drogato, ex alcolista, ex imputato per omicidio colposo), indaga sull’assassinio di un ex rockstar avvenuto con un punteruolo per ghiaccio durante un amplesso. I sospetti cadono sulla sexy e disinibita scrittrice Catherine Tramell, dark lady impenitente che solletica i sensi allo stesso Nick…

Tra i successi di pubblico più vasti degli anni ’90, il quarto film americano dell’olandese Verhoeven è un thriller erotico col vestito del giallo (whodunit) e il corpo della riflessione antropologica sulla perversione umana. O almeno questa è la scusa usata dal regista e dallo strapagato sceneggiatore Joe Eszterhas (che incassò dal produttore Mario Kassar la cifra di tre milioni di dollari) per spiegare le ragioni di questo mediocre filmaccio concepito con una sola, ovvia ragione: scioccare lo spettatore benpensante per garantirsi largo successo al botteghino. Ma le provocazioni sono vacue, dozzinali, e la Stone che dice “scopare” ogni cinque minuti può solleticare soltanto qualche adulto intrappolato in pruriti post- adolescenziali. La sceneggiatura, oltre che inverosimile (com’è possibile che coi suoi precedenti Curran possa ancora militare nella Polizia?), non è per nulla originale, e i tentativi di rivisitazione del noir si schiantano contro una faciloneria di fondo che da quasi fastidio. Spiace per Verhoeven, ma nemmeno la sua regia questa volta è all’altezza. Più furba che visionaria, si ferma sempre ad un passo dal mostrare particolari o perversioni che farebbero davvero scandalo: eccezion fatta per la fugace apparizione delle grazie della Stone, in tutto il film non si vede un solo organo genitale. Prova lampante che conta soltanto il botteghino. Oltre alla celeberrima scena dell’interrogatorio (in cui la biondona accavalla le gambe mostrando ai sudati maschietti di non avere le mutandine), ad essere consegnato ai posteri è un erotismo patinato e più pudico di ciò che sembrerebbe, incapace di sorprendere e talvolta un po’ ridicolo. La parte migliore del film sono gli ultimi venti minuti, gli unici (su 125’!) in cui l’indagine conta qualcosa e c’è un accenno di suspense. Sharon Stone, lanciata nell’olimpo delle star di Hollywood, dimostra di essere più diva che brava attrice, mentre Douglas – braghe calate e sguardo inebetito per metà film – rasenta l’imbarazzo. Qualcuno l’ha definito un film misogino, e non è difficile accorgersi che di questo si tratta: ma bisogna ammettere che tra i maschi non ce n’è uno che faccia bella figura. Musiche banalissime di Jerry Goldsmith, fotografia discreta del futuro regista Jan De Bont. Un seguito di cui non si sentiva il bisogno nel 2006.

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2 risposte a Basic Instinct

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