Sicko

(SiCKO)

Regia di Michael Moore

PAESE: USA 2007
GENERE: Documentario
DURATA: 123’

Dopo l’industria delle armi in Bowling a Columbine  e le scellerate menzogne del presidente Bush in Fahrenheit 9/11 (rispettivamente, premio Oscar per il miglior documentario e Palma d’oro a Cannes), Moore attacca questa volta il sistema sanitario americano. Non parla – come lui stesso ha affermato – dei 50 milioni di americani sprovvisti di assicurazione medica, bensì dei 250 che ce l’hanno e, incredibilmente, non riescono ad ottenere le cure che gli servirebbero. L’imponente documentarista di Flint, Michigan, raccoglie una quantità di storie tragiche che tracciano un quadro agghiacciante su quella che dovrebbe essere la “più grande democrazia del mondo”: parte dalle vicissitudini di un falegname che, dopo un incidente sul lavoro, è costretto a scegliere se riattaccarsi l’anulare (12mila dollari) o il medio (60mila), e arriva a parlare di quegli ospedali che spedisono i malati non assicurati sui taxi per non prestargli cure gratuite; attacca le lobby farmaceutiche e i politici scellerati che le appoggiano (ce n’è per tutti: da Nixon a Regan, passando per Hilary Clinton), vola in Francia e Inghilterra a vedere come si vive nei paesi col servizio sanitario pubblico; infine, raccoglie i soccorritori volontari dell’undici settembre e li porta a Cuba, dove ottengono gratuitamente le cure che in America – quell’America che li chiama eroi – gli sono negate. Il film ha più di un difetto: è prolisso, semplicistico in alcune analisi (come quelle dei sistemi sanitari europei) e talvolta deprecabile nel metodo delle interviste (che, in odor di “tv del dolore”, indugiano su pianti e pietà). Ma, nonostante tutto, è un film di controinformazione che lascia il segno, capace di evidenziare davvero i problemi della società e di schierare un attacco preciso a chi detiene il potere. Fino ad un messaggio “civile” che tenta di aprire gli occhi agli americani, sbattendogli in faccia la verità: il sistema sanitario pubblico non è sinonimo di socialismo, bensì un atto dovuto che ogni uomo dovrebbe vedersi garantito; la capacità di aiutare l’altro non è una debolezza, quanto il metro di giudizio attraverso il quale si valuta la democrazia di una nazione. Moore limita il suo protagonismo e accentua l’ironia, e il film ci guadagna. Accusato da molti di girare documentari “truccati”, egli è in realtà un regista di film di finzione – in quanto prima di girare conosce già il messaggio che trasparirà dal suo reportage – che utilizza gli strumenti del documentario, e del realismo cronachistico, per esporre la sua teoria. Furbo? Forse. Disonesto? Mai. Ciò che dice, si basa esclusivamente su fatti davanti agli occhi di tutti. Bisogna solo trovare la voglia di andarli a vedere. La parte inerente a Guantanamo lascia parecchi dubbi (è vero che i prigionieri hanno cure mediche superiori ai cittadini americani, ma è pur vero che il mondo ormai conosce i metodi di tortura che sono costretti a subire), ma qualsiasi caduta di gusto è equilibrata da un finale emozionante e spietato, bellissimo e atroce. È un film incazzato per gente (giustamente) incazzata. E che dovrebbe far riflettere noi italiani sulla NOSTRA sanità: oggi va tanto di moda criticarla, ma siamo al secondo posto nella classifica dei migliori sistemi sanitari mondiali, con la Francia al primo e gli Stati Uniti al 38esimo. Prodotto da Miramax e Dog Eat Dog Films. Il titolo è un gioco di parole tra “sick” (=malato) e K.O.

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