Don Camillo²

(The world of Don Camillo)

Regia di Terence Hill

con Terence Hill [Mario Girotti] (Don Camillo), Colin Blakely (Giuseppe “Peppone” Bottazzi), Mimsy Farmer (Jo Magro), Andy Luotto (Smilzo), Joseph Ragno (Brusco), Jennifer Hingel (Lilly), Ross Hill (Magrino), Franco Diogene (Binella), Bianca Doria (cameriera), Roberto Bonisnegna, Roberto Pruzzo, Luciano Spinosi, Carlo Ancelotti (calciatori).

PAESE: USA, Italia 1983
GENERE: Commedia
DURATA: 123’

A Pomponesco (Mantova) sono in perenne conflitto il prete motorizzato Don Camillo e il testardo sindaco Peppone. Tutte le loro beghe si risolveranno in una tragicomica partita di calcio…

Nel 1971, durante le riprese di Don Camillo e i giovani d’oggi, Fernandel (che aveva interpretato il parroco in ben cinque film) morì in seguito ad una lunga malattia; il regista Christian Jaque e l’attore Gino Cervi (che aveva invece vestito, negli stessi cinque film, i panni del sindaco Peppone) si rifiutarono di completare il film senza di lui. Film che venne ripreso, nel 1972, da Mario Camerini, che lo girò ex novo con Gastone Moschin nella parte del parroco e Lionel Stander in quella del sindaco. Il pubblico non apprezzò: gli attori non riuscirono a creare la perfetta alchimia dei due indimenticabili predecessori, e l’idea di fondo era diventata troppo anacronistica per giustificare gli screzi tra le parti. La lezione è servita a tutti – attori, regista, produttori, sceneggiatori, pubblico – tranne che a Terence Hill, che esordisce dietro la macchina da presa riadattando con la moglie Lori la sceneggiatura del primo capitolo (1952) e aggiungendovi qualche gag presa da altri episodi della saga (come quella del Totocalcio, “rubata” da Don Camillo monsignore… ma non troppo). Il risultato è uno dei film più brutti che il cinema italiano abbia mai partorito, una pellicola di rara ignoranza sia a livello formale che a livello concettuale: se infatti Hill gira con la mano tremante di chi un vero film non l’ha visto mai, sprigiona altresì un certo imbarazzo la scelta di trasportare la storia nel 1983, anno in cui di certo il clima politico non era teso come negli anni ’50 della guerra fredda. Hill non sembra curarsi minimamente dell’assoluto anacronismo della storia (che, oltretutto, è inconsistente), e l’unica cosa che davvero lo preoccupa è il modo in cui riprendersi mentre fa l’occhiolino o si mette in pose da macho. Altra prova del suo nauseabondo egocentrismo si trova nel fatto Peppone diventi un personaggio di secondo piano che appare una volta ogni tanto per dire qualche poderosa stronzata. Questo don Camillo, nell’ordine, 1) caccia di frodo; 2) gira abitualmente con un fucile a tracolla; 3) fa pattinare in chiesa ragazzine vestite in modo succinto e, oltre a riprendersi mentre le tocca e gli sorride malizioso, indugia con la macchina da presa sui loro seni e i loro glutei; 4) umilia il suo avversario politico barando a scopa; 5) ruba allo stesso i soldi di una vincita al Totocalcio; 6) incita la sua squadra di calcio alla violenza; 7) picchia, senza distinzioni, adulti e bambini; 8) vince il match finale truffando e sobillando una mega rissa che non risparmia nessuno. Il parroco di Fernandel non era certo uno stinco di santo, ma quello di Hill è un vero bastardo. Recitato male, girato peggio: una vera schifezza. Grazie al cielo Guareschi (1908 – 1968), Fernandel (1903 – 1971) e Gino Cervi (1901 – 1974) se ne andarono prima di vedere questo obbrobrio. Che, va detto, è assolutamente irrispettoso nei loro confronti: ne tradisce pienamente lo spirito (a nessuno interessa più il bene della comunità, bensì solo il sopraffare l’altro con screzi sempre più pesanti) e getta fango su dei personaggi che, nel bene e nel male, sono un documento filmico fondamentale sulla società italiana rurale del dopoguerra. A Hill, invece, piace fare “l’americano”: si sposta con la moto da cross, chiama la sua squadra “Angels” e fa cantare il coro in inglese. Ma per favore… Camei, inseriti a casaccio, di calciatori famosi (Ancelotti, Boninsegna, ecc). Terrificante, offensivo, atroce.

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