Truman Capote – A sangue freddo

(Capote)

Regia di Bennett Miller

con Philip Seymour Hoffman (Truman Capote), Catherine Keener (Nelle Harper Lee), Clifton Collins Jr. (Perry Smith), Chris Cooper (Alvin Dewey), Bruce Greenwood (Jack Dunphy), Bob Balaban (William Shawn), Amy Ryan (Marie Dewey), Mark Pellegrino (Richard Hickock), Allie Mickelson (Laura Kinney), Marshall Bell (Direttore Marshall Krutch).

PAESE: USA 2005
GENERE: Biografico
DURATA: 113’

Nel 1959, reduce dal successo di Colazione da Tiffany, Truman Capote inizia ad interessarsi ad un tremendo fatto di cronaca accaduto a Holcomb, sonnacchiosa cittadina del Kansas: due giovani, Perry Smith e Richard Hickock, uccidono un intera famiglia dopo aver tentato una rapina. Divenendo intimo coi due assassini, specialmente col mezzosangue Smith, Capote inizia le ricerche che, nel 1966, lo porteranno a scrivere il suo capolavoro A sangue freddo, primo romanzo- reportage della storia della letteratura e suo ultimo grande successo: l’incontro col fascino del male lo porterà ad una depressione che si porterà dietro fino alla morte.

Film d’esordio di un regista pubblicitario, scritto da un attore – Dan Futterman – che per la prima volta si cimenta nella sceneggiatura, è un biopic basato sui cinque anni di gestazione di uno dei romanzi più noti e importanti della letteratura americana. È una riuscita riflessione sulle contraddizioni della figura dell’intellettuale: Capote è convinto di poter dominare la realtà con la propria intelligenza (che lo spinge all’assurda convinzione di poter azzerare la propria emotività), ma la realtà stessa lo schiaccerà a tal punto che dopo A sangue freddo egli sprofonderà in una depressione impietosa che non gli permetterà più di terminare un libro. Lo scrittore “usa” i due condannati a morte per cercare la storia perfetta, ma non si accorge che a entrare negli abomini del male si rimane scottati: la sua presa di coscienza sta tutta nell’inquadratura finale, ed è troppo tardi per uscirne puliti. Le domande restano senza risposta (ad esempio: quanto Truman sfrutta Smith per scrivere la storia e quanto Smith sfrutta Truman per mettersi a posto con la propria coscienza?), ma attraverso la figura di questo omosessuale snob e spocchioso che crede di aver in pugno l’esistenza sua e degli altri si delinea un ritratto riuscito sul potere dell’arte che toglie tutto ciò che da. Il film è un po’ ripetitivo e manca di emozione e coinvolgimento (anche se forse è giusto così, trattandosi di un film “biografico/ storico”), ma non c’è dubbio che funzioni e che si tratti di un’opera prima decisamente riuscita. Merito di una sceneggiatura abile nel far affiorare i temi che si prefigge, di una regia classica ma mai banale (come dimostra il montaggio alternato tra la presentazione mondana di Truman e il volto di Perry che scorge dalla cella un’esecuzione), sobria nonostante il regista arrivi dalla pubblicità, e, soprattutto, di un Hoffman straordinario (premiato giustamente con un Oscar) che imita con dovizia di particolari la parlata di Capote e la sua voce chioccia, ben resa nel doppiaggio italiano da Roberto Chevalier. Apprezzabile fotografia di Adam Kimmel e ottime musiche di Mychael Danna. Un bel film.

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