Io, me & Irene

(Me, myself and Irene)

Regia di Bobby Farrelly, Peter Farrelly

con Jim Carrey (Charlie/ Frank), Renée Zellweger (Irene P. Waters), Anthony Anderson (Jamal), Mongo Bownlee (Lee Harvey), Jerod Mixon (Shonte Jr.), Chris Cooper (Tenente Gerke), Michael Bowman (Casper/ Mozzarella), Daniel Greene (Dickie Thurman), Robert Forster (Colonnello Partington), Tony Cox (Shonte Jackson), Richard Jenkins (Agente Boshane), Rex Allen Jr. (voce narrante).

PAESE: USA 2000
GENERE: Commedia
DURATA: 116’

Charlie, mite poliziotto del Rhode Island, viene mollato dalla moglie il giorno delle nozze: la fedifraga fugge con un nano nero autista di limousine, e gli lascia in eredità tre gemellini di colore. Charlie li cresce, ottiene il loro amore e il loro rispetto, ma diventa lo zimbello del paese. Un giorno, stanco di subire prese in giro e umiliazioni, si arrabbia. Risultato: la sua seconda personalità – che si chiama Frank ed è l’opposto di Charlie: volgare, violento, cattivo – viene a galla, e come se non bastasse deve scortare una donna carcerata dall’altra parte del paese…

Quarto film scritto e diretto dai Farrelly (qui con l’aiuto di Mike Cerrone) dopo l’exploit di Tutti pazzi per Mary. È una commedia (incline al comico) on the road, basata sul loro umorismo volgare e politicamente scorretto ma intelligente. Al di là delle battute (qualcuna basata su umorismo greve, ma la maggior parte funzionano), il film riesce a delinearsi come una satira riuscita sulla società americana che, come Charlie, è vittima di una schizofrenia acuta che la spinge a reprimere i propri impulsi più elementari (come la capacità di difendersi dalle ingiurie) per poi farli esplodere con la sola arma che conosce per farsi rispettare, ovvero l’aggressività violenta. Molto criticati per la loro comicità iperbolica e scorretta, i Farrelly utilizzano lo sberleffo del diverso come “forma paradossale d’accettazione” (P. Mereghetti), e rifiutano anarchicamente il buon gusto per evidenziare quanto quest’ultimo sia solamente una facciata del “vero” cattivo gusto, quello della silenziosa massa americana che va in chiesa ma sogna il Grande fratello in tv. Sceneggiatura non sempre serena, qua e la troppo basata sull’accumulo, ma il film fa ridere vergognosamente, e anche i più perbenisti troveranno difficile soffocare le risate. Strepitoso Carrey – ben doppiato da Tonino Accolla – nella sua doppia, difficilissima performance: riesce ad alterare la propria fisionomia in poco meno di cinque secondi e a far sembrare le due personalità di Charlie le interpretazioni di due attori diversi. Bei personaggi, ben delineati ed originali: su tutti, sono da ricordare i tre fratelli figli di Charlie che parlano come scaricatori di porto ma sono dei geni intelligentissimi. L’introduzione col nano di colore e il tentato omicidio della mucca, oltre ad essere esilaranti, sono due dei pezzi più squisitamente scorretti del cinema dei Farrelly. Da vedere, ma non per tutti: qualcuno potrà trovarlo anche eccessivo nella sua volgarità. Per gli altri, però, si prospetta una visione di raro divertimento.

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