Zodiac

(Zodiac)

Regia di David Fincher

con Jake Gyllenhaal (Robert Graysmith), Mark Ruffalo (Dave Toschi), Robert Downey Jr. (Paul Avery), Anthony Edwards (Bill Armstrong), Brian Cox (Melvin Belli), Elias Koteas (Jack Mulanax), Chloë Sevigny (Melanie) Dermot Mulroney (Capitano Lee), Jimmi Simpson (Michael Mageau),  John Carrol Lynch (Arthur Leigh Allen), Donal Logue (Ken Narlow), Philip Baker Hall (Sherwood Morril).

PAESE: USA 2007
GENERE: Poliziesco
DURATA: 163′

Tra il dicembre 1968 e l’ottobre 1969, San Francisco è terrorizzata da una serie di brutali omicidi. Giornali e polizia iniziano a ricevere lettere dall’assassino. Due giornalisti (il vignettista Robert Graysmith e il cronista Paul Avery) e due poliziotti (i detective Toschi e Armstrong) cominciano ad indagare. Tra piste che si perdono nel nulla, rivelazioni e nuove lettere del killer l’indagine si protrae fino ai giorni nostri.

Scritto da James Vanderbilt ispirandosi ai romanzi dello stesso Graysmith, un thriller memorabile che ricostruisce le vicende legate a uno dei più noti serial killer dell’era moderna, oltretutto mai localizzato. La sua forza è nel suo dualismo: mantiene la sobrietà e la precisione filologica di un articolo di giornale ma sfrutta a pieno il potere del cinema, rinunciando alle grandi scene ma dipingendo grand(ssim)i momenti e riuscendo a mantenere un ritmo e una suspense invidiabili nonostante la lunga durata e un carattere volutamente anti-spettacolare. La tensione è sempre ottenuta attraverso la regia e il montaggio, senza effetti speciali, senza trucchi, senza i soliti jumpscare. È il resoconto di un’ossessione che diventa via via un apologo sull’impalpabilità del male e su una realtà mai univoca e sempre troppo complessa per essere compresa. All’indagine poliziesca si sovrappone quella della stampa, con alcune piccole parentesi di vita privata che servono a delineare il carattere dei personaggi e a inquadrare il contesto in cui si svolsero le vicende narrate (memorabile l’incontro tra Graysmith e Toschi nella hall del cinema in cui viene proiettato Dirty Harry, ispirato alla figura dello stesso Toschi). È un giallo anomalo anche perché non si focalizza sull’assassino, ma su chi gli sta alle calcagna: e qui, da segnalare la bravura del quartetto di testa che diventa un quintetto con l’entrata in scena dell’inquietante Lynch nei panni di Allen, da molti considerato il sospettato numero uno. Girato in luoghi reali, vanta un’ottima ricostruzione d’epoca (fotografia splendida di Harris Savides) che non fa pesare il massiccio ricorso alla computer grafica. Ottimo commento musicale di David Shire. E che non rinuncia a immagini fortemente simboliche, come quando il Golden Gate diventa uno sguardo che piange sulla città ferita e impaurita dagli omicidi di Zodiac: straordinario. Dura 163’, ma non ha una scena di troppo. Nessuna sbavatura retorica, nessuna cessione agli stereotipi del cinema poliziesco, nessun alone romantico sugli eventi o sui personaggi. Un film imperdibile, da scuola del cinema: c’è solo quello che serve, eppure c’è tutto. Scandalosamente nemmeno una nomination agli Oscar.

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