(Indiana Jones and the Last Crusade)
Regia di Steven Spielberg
con Harrison Ford (Indiana Jones), Sean Connery (Henry Jones), Denholm Elliott (Marcus Brody), Alison Doody (Elsa Schneider), John Rhys-Davies (Sallah), Julian Glover (Walter Donovan), River Phoenix (Indiana Jones ragazzo), Michael Byrne (Vogel), Kevork Malikyan (Kazim), Robert Edison (Grail Knight).
PAESE: USA 1989
GENERE: Avventura
DURATA: 127′
1938. Il celebre archeologo Indiana – dal nome del suo cane – Jones corre a salvare il padre Henry, rapito dai nazisti perché custode del segreto del sacro Graal. Sorpresa finale.
Scritto da Jeffrey Boam, il terzo capitolo della saga ideata da George Lucas abbandona i toni cupi del secondo e torna allo spirito giocoso e scanzonato de I predatori dell’arca perduta. Rispetto ai primi due la trama è più fluida e armoniosa, e sono molte le scene madri: l’intro (memorabile) ambientato nel passato; il siparietto veneziano; la scena al castello bavarese; la lotta contro un carroarmato; l’arrivo al tempio di Alessandretta (in realtà è il sito archeologico di Petra, in Giordania) in cui, dopo tre mirabolanti prove di coraggio, Indiana Jones mette le mani nientemeno che sul sacro Graal. Ogni sequenza è concepita da Spielberg come un pezzo di virtuosismo puro, e l’azione non è mai stata così ben coreografata e coinvolgente. La presenza di un divertito Connery accentua l’ironia e porta al franchise una massiccia dose di “bondismo”, riproponendo quel godibile gioco metacinematografico di rimandi di cui si nutre l’intera serie. Nonostante appena 12 anni di differenza, l’accoppiata Ford/Connery è credibile e funziona a meraviglia.