La prima cosa bella

Regia di Paolo Virzì

con Valerio Mastandrea (Bruno adulto), Micaela Ramazzotti (Anna Nigiotti negli anni ’70), Stefania Sandrelli (Anna Nigiotti nel 2009), Claudia Pandolfi (Valeria adulta), Marco Messeri (il Nesi), Aurora Frasca (Valeria bambina), Giacomo Bibbiani (Bruno bambino), Isabella Cecchi (Zia Leda), Sergio Albelli (Mario Michelucci).

PAESE: Italia 2009
GENERE: Commedia drammatica
DURATA: 116′

Bruno Michelucci, docente al liceo, svogliato e dal carattere chiuso, è costretto dalla sorella Valeria a tornare nella natia Livorno, dove la madre sta per morire di cancro. Ricordando gli anni in cui la mamma li allevò praticamente da sola, a volte seguendo le maliziose attenzioni degli uomini che le ronzavano intorno, i due fratelli riusciranno a ricongiungersi e, poco dopo la morte della donna, a prendere in mano le loro vite.

Il titolo è lo stesso di una canzone di Mogol, cantata da Nicola Di Bari e dai Ricchi e Poveri nel 1970. La prima cosa bella è lei, la mamma. Italiana, fiera, colma d’abnegazione. Capace di rinunciare a tutto, dignità compresa, per garantire ai propri figli un domani migliore. Si ride e si piange in questa divertente commedia drammatica che racconta un’Italia che più cambia più resta la stessa. La struttura “doppia” (due linee narrative che avanzano in momenti diversi nel tempo) sottolinea questo concetto e rende il racconto godibile, pieno di gustosi rimandi tra passato e presente. Nel raccontare luci e ombre della provincia  (e nel tratteggiare uno spietato ritratto della sua piccola borghesia), Virzì firma il suo film più autobiografico e incline al melodramma, senza tuttavia essere mai nostalgico o piagnucoloso.  Poggia su una squadra di attori molto, molto bravi e diretti in modo svizzero e su una sceneggiatura – di Virzì con Francesco Bruni e Francesco Piccolo – non sempre originale ma intelligente nel puntare all’affresco sociale. Affresco riuscito. La bella fotografia di Nicola Pecorini cita le sequenze oniriche di Fellini e quelle notturne e surreali alla Almodovàr (la fuga notturna di Anna coi bambini, sotto la pioggia di Livorno, ricorda quella in autobus che si vede all’inizio di Carne Tremula). Unico cedimento: il sottofinale in cui tutti si riconciliano, anche gli stronzi. Unico candidato italiano agli Oscar 2010, vinse ben tre David di Donatello (Miglior film, Mastandrea e Ramazzotti).

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